Il cambiamento passa prima dalle persone che dalle tecnologie

Intervista con il professor Aurelio Ravarini, docente della LIUC – Università Cattaneo di Castellanza (Va) ed esperto di innovazione digitale

Industria 4.0, innovazione digitale, internet of things, rischiano oggi, soprattutto per le imprese, di rimanere soltanto delle roboanti espressioni, che però nel lavoro quotidiano di un’azienda non riescono a trovare un riscontro pratico. Non perché manchino gli investimenti o la volontà e neppure le competenze, ma semplicemente perché tutto questo non è sufficiente; nel contesto attuale, le parole chiave sembrano infatti essere piuttosto mentalità e formazione. Investire nelle nuove tecnologie digitali non basta, perché sono le persone a fare la differenza. Ne parliamo con il professor Aurelio Ravarini, coordinatore dei Percorsi in Business Services e in Digital Consulting alla Scuola di Ingegneria Industriale LIUC – Università Cattaneo di Castellanza (Va). Il docente ha avuto modo di interfacciarsi direttamente con alcune aziende alle prese e in difficoltà con processi di trasformazione digitale.

Un caso emblematico è ad esempio quello di un’impresa che ha acquistato un sistema di tracciabilità dei carrelli dei reparti di logistica, ma lo ha tenuto fermo per tre anni senza utilizzarlo; l’investimento è stato fatto, ma l’azienda non era in grado di sfruttarlo perché i dati del magazzino e quelli elaborati dai carrelli non interagivano tra loro.

“Questo caso dimostra come la tecnologia da sola non basti a risolvere i problemi – spiega il professor Ravarini – ci sono tanti fattori complementari di cui tenere conto, come ad esempio la mancanza delle giuste competenze”.

Un altro esempio pratico con cui il docente si è confrontato vede protagonista un’azienda di medie dimensioni che ha deciso di fare investimento importante come l’acquisto di un software Erp di ultima generazione, da utilizzare per la pianificazione delle risorse dell’impresa. Nonostante il software in questione sia stato installato e sia perfettamente funzionante, il personale ha continuato ad utilizzare il sistema precedente.

“In questa circostanza – osserva il professor Ravarini – è emerso il problema della resistenza al cambiamento; anche questo è un fattore di cui tenere conto, altrimenti il rischio concreto che si corre è che la tecnologia, da possibile soluzione possa diventare un problema”.

Oggi, ad essere fondamentali sono le cosiddette competenze complementari, che devono essere sviluppate all’interno di un’azienda alle prese con l’applicazione pratica delle nuove tecnologie, non soltanto a livello di sistema produttivo, ma anche gestionale dell’impresa.

Per questo, non si può parlare semplicemente di “Digital Transformation”, ma piuttosto di “Digital Metamorphosis”, che è anche il nome dato al master della LIUC Business School organizzato dal docente per il prossimo mese di ottobre, che si pone lo scopo di formare dei digital leader, in grado di guidare il processo di trasformazione digitale in aziende di diversi settori e in team interfunzionali.

“La metamorfosi è propria degli organismi viventi, mentre trasformazione è un termine neutro che potrebbe essere applicato anche ad una macchina; bisogna parlare alle persone che utilizzano le tecnologie, altrimenti è inutile parlare di cambiamento” afferma il docente.

Davanti alle nuove tecnologie digitali, è fondamentale un cambio di mentalità; di questo le imprese devono essere consapevoli, sviluppando al proprio interno le competenze necessarie. Queste ultime e la mentalità agile devono procedere di pari passo.

Sono insomma le persone a dover crescere, per poter portare a compimento l’innovazione digitale all’interno delle aziende.

“L’obiettivo – conclude il professor Ravarini – è quello di rendere le persone protagoniste del cambiamento; soggetti attivi e non passivi, che sviluppino competenze per essere leader dei processi di innovazione e per diffondere a tutti i livelli dell’impresa una cultura favorevole alla metamorfosi digitale”.