Minifaber, manifattura data-oriented

Minifaber - Seriate (Bg)

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La classica catena di montaggio? Per Minifaber è un oggetto sconosciuto. Poco meno di 200 dipendenti, 57 milioni di euro fatturati nel 2018, per il 60% grazie all’export, l’azienda bergamasca, con sede a Seriate, specializzata nella lavorazione a freddo delle lamiere e nella progettazione e costruzione di stampi, si destreggia fra tecnologie e materiali più diversi, spaziando dalla progettazione agli studi di fattibilità, dalla prototipazione alla produzione. Oltre 35 mila i codici, nessun materiale standard, molti semilavorati creano una combinazione tendente all’infinito di metalli, tipologie, spessori, lavorazioni.
In un tale contesto, la digitalizzazione, prima porta d’accesso alle nuove tecnologie in chiave Industria 4.0, è stata come la manna dal cielo, permettendo la gestione e la tracciabilità di ogni processo senza più rischi di ritardi, perdita di informazioni, non aderenza alle richieste del cliente.


“Circa 5 anni fa – spiega Matteo Melocchi, cresciuto nell’azienda di famiglia e oggi operation manager – ci siamo convinti che dovevamo imboccare un’altra strada: da un lato ci eravamo ampliati, sia come giro d’affari che come dipendenti, dall’altro ci trovavamo ad affrontare processi più complessi, non più basati sulla lavorazione di un pezzo singolo, ma sempre più di assiemi con multitecnologie. Una parte embrionale di raccolta dati già c’era, ma dovevamo fare un salto di qualità che ci aiutasse a organizzare meglio il lavoro”.


Lo spunto per il grande salto è stato una commessa di particolare complessità che ha richiesto una linea dedicata, dieci fasi di produzione, una perfetta integrazione tra lavorazioni gestite internamente e tramite fornitori. Una sfida dalla quale è progressivamente nato l’attuale sistema di digitalizzazione, cucito su misura sulle esigenze di Minifaber. Una vera e propria rivoluzione copernicana che consente oggi di tenere sotto controllo tutto il complesso ciclo produttivo e tendenzialmente prevenire problemi di rotture, sfasature nei tempi, fermi macchina, permettendo contemporaneamente l’archiviazione di una mole crescente di dati.
Come molte altre aziende che hanno affrontato una simile transizione anche Minifaber  si è poi posta il problema di come sfruttare al meglio il patrimonio di informazioni digitali, che si è rivelato prezioso non solo in ambito produttivo, ma anche commerciale, controllo qualità, gestione finanziaria e del personale. Sono così entrate in azienda nuove figure che si occupano specificatamente di gestione e organizzazione dati.
Ad irrobustire il processo di digitalizzazione sono intervenuti poi, negli ultimi 2 anni, investimenti in chiave Industria 4.0. “Solo nel 2018 – sottolinea Sebastiano Salvi, amministratore delegato, rappresentante come il cugino Matteo della terza generazione imprenditoriale alla guida di Minifaber - abbiamo fatto acquisti per 2 milioni e mezzo di euro in beni produttivi, in particolare presse meccaniche, cercando l’integrazione con la nostra già esistente digitalizzazione e potenziando ulteriormente aspetti come la manutenzione preventiva dei macchinari e il controllo in tempo reale di tutte le fasi. E’ inoltre proseguita ed è stata rafforzata la formazione di base per accompagnare tutti gli operatori al cambiamento. I benefici previsti dal piano Industria 4.0 sono stati sicuramente utili, ma non sono stati la molla degli investimenti che abbiamo fatto e continueremo a fare per migliorare la nostra capacità di dare un servizio sempre più accurato ai nostri clienti. Ora il prossimo passo potrebbe essere quello di coinvolgere in questi processi la filiera dei fornitori: grazie a una maggiore interconnessione si ridimensionerebbero i magazzini e in generale i tempi morti del processo, guadagnando in efficienza e competitività”.


Un ulteriore investimento già in cantiere è il cambio del parco muletti che saranno dotati di “scatola nera”, che permetterà di tracciare i percorsi, di migliorare i flussi degli spostamenti e di avere memoria anche di eventuali urti e collisioni, grazie ai quali agire in maniera preventiva contro gli incidenti.
Un continuo sforzo innovativo fatto per rimanere competitivi in un contesto sempre più complesso e difficile. “Se è vero che non subiamo ancora direttamente la concorrenza di Cina e Paesi low-cost – conferma Matteo Melocchi – dobbiamo però far fronte a un mercato che ci chiede sempre più un servizio “chiavi in mano” e una partnership non più solamente tecnica ma che abbraccia ogni dettaglio, dal momento dell’acquisto al pagamento. La digitalizzazione ci sostiene in questo cambio culturale e ci aiuta ad avere sempre la visione a 360°”.