ServizioContenuto basato su fatti, osservati e verificati dal reporter in modo diretto o riportati da fonti verificate e attendibili.Scopri di piùLa rete costruita da Confindustria

Dai Digital Innovation Hub la spinta per la crescita digitale

di Luca Orlando

(Oatakoi - stock.adobe.com)

4' di lettura

Tempi di progettazione quasi dimezzati, un calo del 40% che accelera il time to market nei progetti del settore navale.

L’impatto della digitalizzazione su Sicoi, Pmi attiva negli isolamenti termoacustici, è solo un caso tra i tanti, esempio delle ricadute operative legate al lavoro dei Digital Innovation Hub (Dih) sul territorio.

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Rete vasta, 23 hub a livello regionale con punti di accesso territoriali presso le associazioni di Confindustria che hanno l’obiettivo di diffondere le competenze digitali presso le imprese, con un focus particolare sulle Pmi.

Lavoro robusto quello effettuato, presentato il 19 luglio a Roma nel convegno organizzato da Confindustria, grazie al quale, attraverso seminari, workshop, visite studio, incontri one to one, assessment di filiiera (due dei quali con Leonardo) sono state raggiunte più di 25.000 imprese. L’impegno finanziario, 10 milioni tra quote versate dalle associazioni territoriali e imprese associate ai Dih e risorse umane che lavorano nelle strutture, ha reso possibile una valutazione capillare dello stato di avanzamento della digitalizzazione, primo passo per poi decidere (come nel caso di Sicoi), dove e come intervenire.

«E non si tratta semplicemente di un questionario compilato a distanza - spiega il coordinatore dei Digital Innovation Hub Gianluigi Viscardi - ma di un lavoro approfondito che ha spesso riciesto la presenza di managerr dedicate, persone che assistono l’azienda nel rilevare il proprio stato di avanzamento digitale in ogni dimensione organizzativa».

L’assessment

Oltre 1900 i test realizzati, basati su un set di 150 domande chiuse che sondano l'impresa su alcuni aspetti strategici, esaminano il processo produttivo (suddiviso in otto macroprocessi di gestione), valutano il grado di “intelligenza” del prodotto e analizzano la struttura aziendale dalla progettazione fino alla gestione della supply chain (interna/esterna) così come il livello di maturità del prodotto/i, offrendo così la possibilità all'azienda di iniziare a determinare eventuali nuovi scenari legati all'opportunità di capitalizzare i dati generati dal prodotto in logica di nuovi servizi da erogare sul mercato.

Campione che per il 58% è rappresentato da micro-piccole imprese, con meccatronica e meccanica, metallurgia, chimica, gomma e plastica a valere la metà del totale, con 9 imprese su 10 imprese impegnate nel B2B.

Il risultato

Il risultato complessivo, in una scala da 1 a 5 (massima maturità digitale) è prossimo al livello intermedio (3), con una evidente correlazione positiva rispetto alla dimensione aziendale, al crescere della quale aumenta anche l’avanzamanto digitale. La strada da fare resta comunque lunga, tenendo conto che oltre il livello 4 si trova solo il 5% delle imprese e il 60% delle imprese presenta valori inferiori a tre.

L’indice generale, attestato a quota 2.85 è il risultato di comportamenti abbastanza omogenei, con punti di minimo nell’area tecnologia (2,74%) e performance migliori nella parte dell’esecuzione dei processi. La produzione, in particolare, è risultata in ogni comparto l’area più digitalizzata, con risultati semptrre superiori al livello tre.

Logistica avanzata, Ict e meccatronica-meccanica sono i comparti con le performance migliori, in coda alla classifica si trovano invece edilizia, carta-legno, tessile e commercio.

I freni per le aziende

Quali i vincoli nell’adottare iniziative in ambito 4.0? Il primo nodo (43%), che sopravanza anche il tema dei costi, è la disponibilità di risorse interne, tema critico per la maggior parte delle aziende e trasversale tra i settori.

Se sicurezza e maturità delle tecnologie disponibili sul mercato non rappresentano un problema, il terzo ostacolo maggiore riscontrato riguarda invece la cultura aziendale, la capacità di valutazione delle opportunità generate dai percorsi 4.0. Così come ancora ampia (20%) è la diffidenza nello scambiare informazioni lungo la filiera, vincolo evidente in un’ottica di digitalizzazione della supply chain.

Tra i bisogni più diffusi di metodiche e applicazioni 4.0 spiccano le aree commerciali (supporto al cliente, post-vendita, vendite digitali) ma anche manutenzione/materiali di ricambio e logistica interna. Le evidenze sono in ogni caso miste, perché se è vero che solo la metà del campione ritiene matura la propria cultura in tema 4.0 e meno di un’azienda su tre fa di questo aspetto un perno della propria strategia, sei imprese su dieci hanno sviluppato almeno un prodotto smart,

«Le imprese - spiega il vicepresidente di Confindustria per il digitale Agostino Santoni - sono nel pieno della twin transition, green e digitale, i due grandi driver che guidano investimenti e competitività dell'Italia e dell'Europa e sono tra loro strettamente connesse. Per questo è essenziale accelerare sulla digitalizzazione e soprattutto puntare con decisione allo sviluppo di un'Economia dei Dati, che valorizzi l'enorme mole di informazioni raccolte».

«I risultati raggiunti - commenta il vicepresidente per le Filiere e le Medie Imprese Maurizio Marchesini - sono certamente l'effetto delle politiche per la trasformazione 4.0, che hanno attivato investimenti e che in assenza del Piano non sarebbero stati realizzati con la stessa intensità. Ma il coinvolgimento delle Pmi nei processi di innovazione, le competenze, gli investimenti in tecnologie 4.0, la creazione di una cultura digitale restano le priorità da affrontare. Vista la velocità dell'innovazione tecnologica, è fondamentale continuare a lavorare con una visione chiara, assicurando al sistema produttivo un Piano che ne supporti la competitività e un network di Dih che con il proprio know-how continui ad affiancare le imprese in queste sfide».

Le parole di Urso

Dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, intervenuto in collegamento al termine dell’evento, sono arrivate rassicurazioni sulla volontà di rafforzare le misure per lo sviluppo digitale. «Punteremo a misure semplici, automatiche e senza distinzione settoriale - ha speigato Adolfo Urso - come quelle che hanno funzionato in passato. L’obiettivo è usare parte dei fondi Pnrr e di Repower Ue per rafforzare la dotazione finanziaria, il negoziato con l’Europa è a buon punto. E nell’intenzione del Governo, risorse permettendo, si tratterà di misure di durata pluriennale».

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