Varesefocus 3/2022 - maggio

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Questione di PEOPLE


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EDITORIALE

Varese

TRA PRESENTE E FUTURO Roberto Grassi

O

ggi più che mai serve avere uno sguardo strabico sul mondo e sul nostro territorio. Da una parte abbiamo bisogno di capacità politiche, sociali ed economiche per affrontare l’emergenza di un sistema andato in tilt a causa delle tensioni internazionali. Dall’altra, però, le difficoltà del contingente non devono fermare la costruzione di una visione sul futuro della provincia di Varese e di quello che vogliamo essere e diventare da qui al 2050. Il numero di Varesefocus che vi apprestare a leggere tiene insieme questo doppio canale di lettura delle dinamiche che caratterizzano l’evoluzione del Varesotto. In un’inchiesta diamo conto della crisi che si sta abbattendo sul nostro sistema economico locale per via della guerra russo-ucraina, ma dall’altra dibattiamo di crescita demografica, facciamo il punto sulla trasformazione digitale dell’industria lombarda, fotografiamo l’impegno e il know-how che le nostre aziende stanno dispiegando sui fronti della sostenibilità sociale e della trasformazione energetica. Con questo racconto Varesefocus contribuisce a quel dibattito che, come Unione degli Industriali della Provincia di Varese, abbiamo lanciato sul territorio lo scorso settembre richiamando tutti, da Malpensa,

durante la nostra Assemblea Generale, alla costruzione di “un Piano di sviluppo del territorio. Unico. Che veda la collaborazione di tutti. Che sia capace di valorizzare le diverse specificità. Che vada in un’unica direzione”. Anche la Prealpina, dalle pagine del suo quotidiano, ha lanciato la sfida di “un progetto di sviluppo condiviso, fatto di scelte chiare per il conseguimento di un obiettivo preciso”. Con lo scopo di rispondere a domande sfidanti: “Questa provincia da grande cosa vuol fare? Soprattutto questa provincia grande vuole (ri)diventare?” Nel frattempo, un’altra importante testata locale, Varesenews, ricomincia i suoi tour alla riscoperta dei nostri luoghi. Sono tutti segnali di vitalità e di emersione di una necessità: proprio mentre passiamo da una crisi sanitaria ad uno scenario di tensioni geopolitiche globali crescenti, con ripercussioni dirette nella nostra quotidianità, sentiamo inevitabilmente il bisogno di comprendere come ci posizioniamo nel mondo e nel Paese. Qual è la nostra visione Glocal? Abbiamo come società, come imprese, come persone di fronte a noi sfide enormi, storiche. Pensiamo, appunto, alla transizione ecologica ed energetica. Pensiamo a quella della digitalizzazione delle nostre aziende e delle nostre città con i necessari investimenti, non solo tecnologici, ma anche e soprattutto in termini

di capitale umano. Pensiamo alla messa a terra degli obiettivi del Pnrr. Pensiamo ancora alla sfida di tornare ad una crescita demografica. Pensiamo infine agli scenari di un’economia che se ancora non possiamo definirla di guerra, ci impone comunque di gestire situazioni senza precedenti. Tutto questo mentre prende forma uno scenario inflazionistico di cui oggi intravediamo solo i primi effetti. Nessuna singola parte sociale o singola parte politica o amministrativa può pensare di affrontare tutte queste sfide da sola, con una propria ricetta. Abbiamo bisogno di un’azione corale e condivisa anche a livello territoriale in grado di muovere le migliori forze della provincia di Varese. Non è solo questione di fare fronte comune ad una crisi, quanto piuttosto di dotare le nostre comunità di una visione in grado di riposizionarci nel futuro. Servono nuove idee e progetti di sviluppo che abbiano forti fondamenta di consenso politico e sociale e costruite con un ampio confronto nella società e nelle istituzioni. Varesefocus con le sue inchieste, i suoi articoli e le sue interviste vuole contribuire a questo intento accompagnando il percorso che Univa ha già iniziato in queste settimane per dotare se stessa e il Varesotto di un Piano Strategico di competitività. Il confronto con gli stakeholder è partito. E ad ottobre verrà presentata una proposta che sarà, appunto, condivisa e frutto dell’ascolto di tutti.


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SOMMARIO FOCUS

Illustrazione di copertina: Paola Formica

Progetto grafico e impaginazione: Paolo Marchetti Fotolito e stampa: Roto3 srl Via per Turbigo 11/B - 20025 Castano Primo (Mi) T. 0331 889.601 Gestione editoriale: Univa Servizi srl Via Vittorio Veneto, 8/E 21013 Gallarate (VA) - T. 0331 774.345 Pubblicità: Univa Servizi srl M. commerciale@univaservizi.it T. 0331 774.345 Il numero è stato chiuso il 28 aprile. Il prossimo numero sarà in edicola con Il Sole24Ore il 4 luglio 2022 “Varesefocus” ospita articoli e opinioni che possono anche non coincidere con le posizioni ufficiali dell’Unione Industriali della Provincia di Varese. Valore di abbonamento annuo Euro 20,00 (nell’ambito dei servizi istituzionali dell’Editore). Questa testata è associata a

A lezione di green economy

8

Il problema della denatalità

UNIVERSITÀ

10

L’inverno demografico

51

12

PEOPLE, l’impresa di crescere insieme

SCIENZA&TECNOLOGIA

15

La via per la crescita è la felicità

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La dura vita del lavoratore genitore

20

Invertire la rotta si può

Presidente: Roberto Grassi Direttore editoriale: Silvia Pagani Direttore responsabile: Davide Cionfrini Direzione, redazione, amministrazione: Piazza Monte Grappa, 5 21100 Varese T. 0332 251.000 - F. 0332 285.565 M. info@varesefocus.it reg. n. 618 del 16/11/1991 - Trib. Varese

49

INCHIESTE

54

L’università sostenibile

Produrre energia recuperando calore

RUBRICHE SU

LUOGHI E BELLEZZA 58

La funivia della bellezza

62

Contro l’autismo scende in campo TerraLUNA

22

Economia di guerra

24

L’industria varesina in apnea

65

Un (goloso) capolavoro incompiuto

28

Quanto sono digitali le imprese lombarde?

68

Storia di un palazzo che vuole rivivere

31

La più importante tecnologia è la persona

70

Tra Kyoto e Varese c’è un antico amore

33

Imprese 4.0 a Varese

72

La civiltà delle palafitte e l’Isolino Virginia

76

Alle radici del Liberty nella Valle del Lanza

80

Campioni con le ali ai piedi

ECONOMIA 36

Come cambiano i premi di risultato

41

L’impact di Elmec

44

L’impresa che promuove la salute

FORMAZIONE 46

La nuova Generazione d’Industria punta sull’inclusività

RUBRICHE SU

CULTURA E DIGITALE 90

Terza pagina

92

In libreria

95

Dal web

96

Comunicare



FOCUS

QUESTIONE DI

PEOPLE Un calo del meno 30%: è un vero e proprio crollo delle nascite quello che si registra in provincia di Varese da oltre un decennio. Dinamiche identiche al trend nazionale. La popolazione invecchia, quella in età lavorativa diminuisce. “L’andamento demografico è uno dei principali ostacoli al nostro sviluppo futuro” denuncia Roberto Grassi, Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese che lancia il Progetto “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme” per sostenere la genitorialità dei dipendenti delle aziende associate con iniziative di conciliazione lavoro-famiglia e di welfare aziendale per rendere più attrattive e competitive le imprese. Molte sono già impegnate su questi fronti. Invertire la rotta si può come testimoniano le politiche vincenti di Francia e Germania


FOCUS

IL PROBLEMA DELLA

denatalità Vittoria Marvelli Ufficio Studi Univa

In provincia di Varese, come in Italia, si fanno sempre meno figli e la popolazione invecchia. Una questione demografica a cui si legano le capacità di sviluppo di un intero territorio. Ecco i numeri di un fenomeno che forse più di altri sottovalutiamo e che, invece, ci dovrebbe preoccupare e far reagire con incisive politiche di sostegno alle famiglie. L’analisi dell’Ufficio Studi di Univa

L

e persone sono la prima ricchezza di un territorio. Le dinamiche della popolazione influenzano innanzitutto gli aspetti sociali di una comunità, ma hanno molteplici riflessi anche economici, ad esempio sulle capacità di crescita, la sostenibilità del debito pubblico e dei sistemi previdenziali, la produttività, il tasso di risparmio e i conti con l’estero, solo per citarne alcuni. Quando si parla della situazione demografica italiana, un primo aspetto che colpisce è la riduzione della sua popolazione. Il declino demografico è un fenomeno relativamente recente: guardando agli ultimi 20 anni, la popolazione residente in Italia ha mostrato prima una fase di crescita dal 2002 al 2013, seguita poi da un calo ininterrotto e ulteriormente aggravato dalle conseguenze, dirette e indirette, dell’epidemia da Covid-19 (drammatico eccesso di mortalità, forte contrazione dei movimenti

8

migratori e, infine, anche effetti sulle decisioni di fare figli). In 8 anni la popolazione residente in Italia è passata da 60.345.917 unità al 1° gennaio 2014 a 58.983.122 al 1° gennaio 2022 (-1,36 milioni di persone). Al 1° gennaio 2022 la popolazione residente in provincia di Varese era pari a 878.059 unità (ossia l’1,5% di quella nazionale). Anche qui si è osservata una fase di crescita della popolazione fino al 2014, seguita poi da una sostanziale stabilità tra 2015 e 2019 e, infine, da un calo nel biennio 2020-2021. Quali le cause dietro a queste tendenze? La stagnazione della popolazione osservata nella provincia tra 2015 e 2019 e poi il calo dell’ultimo biennio sono il frutto, da un lato, di un saldo naturale (ossia la differenza tra nascite e decessi) negativo e in peggioramento e, dall’altro lato, di un saldo migratorio totale (ossia differenza tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche conseguenti a trasferimenti di

residenza) che, pur mantenendosi positivo, non è più riuscito a superare e poi a compensare il saldo naturale. I tassi di natalità sono in calo: il numero dei nati ogni mille abitanti, nel Varesotto, è passato da 9,8 nel 2009 a 6,8 nel 2021 e, a livello italiano, nello stesso periodo è passato da 9,6 a 6,8. Da ormai più di un decennio il numero delle nascite è in calo: nel 2021 i nati in provincia di Varese sono stati il 30% in meno di quelli del 2009, un andamento tristemente in linea con quello osservato anche a livello nazionale. A onor del vero, in Provincia, nel complesso del 2021 si è registrata una crescita delle nascite rispetto al 2020 (+2,4%). Tuttavia, questo andamento non può essere considerato un punto di svolta, ma piuttosto una modesta ripresa a seguito dell’intensissimo calo registrato nel 2020 (-7,4%), un calo di entità straordinaria e addirittura doppio rispetto a quello verificatosi a


ANDAMENTO NASCITE NELLA PROVINCIA DI VARESE ELABORAZIONI UFFICIO STUDI UNIVA SU DATI ISTAT

5979

6303

5839

2021

6524

6971

6666

-30% DAL 2009 AL

7411

7914

7928

8165

8503

8382

8449

8244

8291

7945

7985

7541

7547

7423

livello nazionale (-3,6%). Un primo elemento che spiega la crisi della natalità è di tipo strutturale ed è legato alla riduzione delle donne in età fertile (15-49 anni) a seguito dell’uscita dalla fase riproduttiva delle baby boomer. Per quanto riguarda la provincia di Varese, al 1° gennaio 2022 c’erano 26.286 donne tra i 15 e i 49 anni in meno rispetto al 1° gennaio 2009. Un calo su cui pesa il crollo delle donne in età fertile di cittadinanza italiana (-28.945), compensato solo in parte dall’aumento rilevato tra le straniere di pari età (+2.659). Ma dal 2015 anche queste ultime stanno diminuendo: -9,9% per le 15-49enni italiane e -8,6% per le loro coetanee di altra nazionalità. L’altro fattore è da ricercarsi nella riduzione del tasso di fecondità che in provincia di Varese è passato da 1,49 figli in media per donna nel 2009 a 1,3 nel 2021, abbastanza in linea con quanto verificatosi anche a livello italiano (da 1,44 figli per donna nel 2009 a 1,25 nel 2021). In prospettiva, però, a preoccupare non deve essere soltanto l’aspetto “quantitativo”, ma anche quello “qualitativo”. Non è solo una questione di calo della popolazione, ma ancor più di squilibri tra generazioni con le implicazioni sociali ed economiche che ne derivano. L’Italia ha lo spiacevole record di essere stato il primo Paese al mondo dove il numero degli under 15 è sceso sotto quello degli over 65. La denatalità italiana sta ormai erodendo la popolazione in età attiva e quindi le condizioni per lo sviluppo economico e la sostenibilità del sistema di welfare. In provincia di Varese è evidente il progressivo invecchiamento della popolazione: tra il 1° gennaio 2009 e il 1° gennaio 2022, in provincia di Varese la popolazione fino ai 14 anni è diminuita del -5,1%, quella attiva (15-64 anni) del -2,9%, mentre la popolazione over 65 è cresciuta del +20,7%.

2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020 2021 provv.

Ne consegue un cambiamento della composizione per fasce d’età: la popolazione dai 65 anni in su, che al 1° gennaio 2009 rappresentava il 20,5% di quella complessiva, al 1° gennaio 2022 è salita al 24,3%; la popolazione attiva (15-64 anni) è scesa dal 65,7% della popolazione complessiva al 62,8%; la popolazione fino ai 14 anni è passata dal 13,8% al 12,9%. Pertanto, l’indice di vecchiaia, ovvero il rapporto percentuale tra il numero degli ultrasessantacinquenni ed il numero dei giovani fino ai 14 anni, è aumentato passando dal 148,2% al 1° gennaio 2009 al 188,5% al 1° gennaio 2022 per la provincia di Varese. Nello stesso arco temporale è passato dal 143,7% al 187,9% per l’Italia. Queste dinamiche hanno, inoltre, avuto un impatto anche sull’indice di dipendenza strutturale, ovvero il rapporto percentuale tra popolazione in età non attiva (0-14 anni e 65 anni e più) e la popolazione in età attiva (15-64 anni). L’indice di dipendenza strutturale fornisce indirettamente una misura della sostenibilità della struttura di una popolazione, in

quanto il denominatore rappresenta la fascia di popolazione che dovrebbe provvedere al sostentamento della fascia indicata al numeratore: tale indice per la provincia di Varese è passato dal 52,2% al 1° gennaio del 2009 al 59,3% al 1° gennaio del 2022. Anche a livello nazionale l’indice di dipendenza strutturale è cresciuto passando dal 52,3% al 57,5% (un dato un poco inferiore a quello della provincia di Varese). Se da un punto di vista di sostenibilità del sistema pensionistico l’invecchiamento della popolazione è certamente un problema di difficile soluzione, dal punto di vista economico può però rappresentare anche un’opportunità, tenuto conto della capacità di spesa degli over 65 (circa 200 miliardi di euro l’anno, quasi un quinto dell’intero ammontare dei consumi delle famiglie) e del crescente bisogno di prodotti e servizi per questa fascia di popolazione. La cosiddetta “Silver economy” si presenta per le imprese come un’occasione per investire in un settore dalle potenzialità ampie e in crescita. 9


FOCUS

L’INVERNO

demografico Paola Provenzano

Il calo della natalità è un fenomeno che l’Italia condivide con altri Paesi europei. C’è però un gap: la nostra politica sconta un lungo ritardo in termini di investimenti e misure a sostegno delle famiglie con più figli. Ma è anche una questione di condivisione di responsabilità all’interno dei nuclei familiari, a sua volta strettamente legata al tema delle pari opportunità. E qui le imprese possono fare la propria parte. Intervista alla sociologa Rosangela Lodigiani dell’Università Cattolica

R

iduzione della natalità e allungamento della speranza di vita, ma anche famiglie numerose a rischio povertà e prevalenza di figli unici: questo è lo scenario, non solo italiano, che ha portato i sociologi a parlare di “inverno demografico”. Come ci siamo arrivati e come possiamo uscirne? Ne abbiamo parlato con Rosangela Lodigiani, professore ordinario di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Come sono cambiate le famiglie italiane negli anni?

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specie se già con qualche patologia, ma fortunatamente si è trattato di un effetto contingente e il trend si è sostanzialmente normalizzato. Lo squilibrio quantitativo tra le generazioni invece è ormai strutturale e, anzi, in tendenziale peggioramento. Facciamo sempre meno figli e durante il Covid ne abbiamo fatti ancora meno. I dati dell’Istat dicono che dopo anni in cui il calo delle nascite era attestato attorno al -2,5%, tra il 2020 e il 2021 il dato è quasi raddoppiato (-4,5%). Ma se anche torneremo ai livelli pre-Covid, il problema resta. Il che vuol dire nei prossimi anni, meno giovani e anche meno giovani donne e quindi di per sé un ulteriore calo (strutturale, appunto) della natalità. In questo scenario, solo l’aumento del numero di figli per donna può invertire la rotta, obiettivo non facile in un Paese sempre più di figli unici e di famiglie numerose a rischio povertà. Rosangela

Viviamo da anni in un “inverno demografico”. È un fenomeno non solo italiano, ma in Italia è più accentuato. La pandemia lo ha reso ancora più rigido e freddo, ma la stagione era già iniziata da tempo: da un lato, a causa della riduzione della Lodigiani natalità, dall’altro lato Quali sono le ragioni di grazie all’allungamento della questo declino: perché in Italia speranza di vita. Come sappiamo si fanno sempre meno figli? purtroppo il Covid-19 ha innalzato Se questi sono i dati, al netto della la mortalità delle persone anziane, crisi sanitaria, le ragioni di questo


declino sono complesse e molteplici; intrecciano fattori economici, sociali e culturali. I problemi occupazionali, le difficoltà di conciliazione vitalavoro, la carenza di servizi di cura per i bambini e le persone fragili, la questione abitativa, l’elevato costo dei figli e il timore di non poter assicurare loro adeguate opportunità, l’incertezza e la mancanza di fiducia, ma anche lo schiacciamento sulla realizzazione di sé, provocano un mix che deprime le scelte procreative e impatta soprattutto sulle fasce più vulnerabili della popolazione, sui giovani e sulle giovani donne. La questione demografica, infatti, è anche una questione di diseguaglianze. Cosa si è fatto nel nostro Paese, fino ad ora, per affrontare il problema e come invertire la rotta? Invertire la rotta non è facile e l’urgenza è chiara. Occorre puntare sul sostegno alla natalità e alle famiglie con più figli. Scontiamo un lungo ritardo nel confronto con i

principali Paesi europei, in termini di investimento e di misure di intervento. Penso per esempio alla Francia, che ha saputo mantenere il tasso di natalità tra i più alti d’Europa con un fisco e un welfare amico delle famiglie. Ebbene, la Francia spende circa il doppio dell’Italia in rapporto al Pil (2,37% vs 1,15%, dati Eurostat riferiti al 2019). Finalmente, l’Assegno unico universale per i figli a carico sino al compimento dei 21 anni, recentemente introdotto nel nostro Paese, ha segnato un passo avanti significativo. Ma l’esempio della Francia o di altri Paesi come la Svezia, ci insegna che l’Assegno unico non deve rimanere un intervento isolato. La strada potrebbe essere quella di un pacchetto più ampio di interventi: possiamo fare qualche esempio? Il ventaglio delle politiche su cui investire è molto ampio: per il lavoro, specie dei giovani, per la promozione

dei loro progetti di vita, per l’accesso alla casa, per la conciliazione che in altri termini significa anche più servizi di cura e per la prima infanzia e più congedi per i genitori che lavorano. Anche su questo fronte c’è da segnalare qualche positivo avanzamento. Recentemente in Italia è stato approvato un provvedimento che riordina il sistema dei congedi e, fra l’altro, porta a 10 giorni il congedo obbligatorio per i padri che lavorano. Ancora pochi si dirà, la distanza dai Paesi più virtuosi resta ampia, ma ogni passo in questa direzione è un successo. I lockdown durante la pandemia, con i conseguenti ricorsi allo smart working e alla Dad, hanno reso ancor più evidente come la condivisione delle responsabilità famigliari sia cruciale per il benessere di tutta la famiglia. Promuovere questa condivisione è una questione di pari opportunità, sia per le donne sia per gli uomini. Anche le imprese possono fare la propria parte, sviluppando misure di flessibilità oraria, permessi aggiuntivi, servizi e sostegni integrativi, oltre che una cultura aziendale orientata in tal senso. Nel Pnrr si parla di Family Act: ci possiamo aspettare delle novità e delle spinte al miglioramento della situazione? Il fatto che il Pnrr faccia esplicito riferimento al Family Act, che ha una genesi autonoma, è molto importante. Sia perché il Piano fa suoi i principali obiettivi del Family Act prendendo impegni per la loro realizzazione (dal potenziamento dei servizi per l’infanzia al sostegno all’occupazione femminile e giovanile, alle agevolazioni per l’accesso alla prima casa) sia perché in questo modo rende esplicito che sostenere il fare e l’essere famiglia è una responsabilità dell’intera collettività. Lo fa con l’avvio di un insieme di interventi che chiariscono il nesso imprescindibile tra l’investimento sulle famiglie e sulle giovani generazioni e la ripresa e il futuro del Paese. 11


FOCUS

PEOPLE L’IMPRESA DI

CRESCERE INSIEME Silvia Giovannini

L’Unione degli Industriali della Provincia di Varese scende in campo a sostegno della genitorialità, con un progetto nato per sensibilizzare le imprese e il territorio sui temi del welfare aziendale e della crescita demografica. Obiettivo: porre le persone e la conciliazione tra lavoro e famiglia al centro di nuove dinamiche per lo sviluppo del Varesotto

‘‘L

a crescita è certamente l’obiettivo per eccellenza di un’impresa. Crescita, però, non è solo risultato economico, ma sviluppo delle persone che fanno parte dell’azienda, nella loro individualità, con i propri nuclei familiari e come comunità di un territorio. Per parlare di crescita oggi, quindi, serve prima di tutto una attitudine culturale che metta al centro la persona. Una attitudine che alle imprese varesine di certo non manca”. Le parole sono quelle con cui Roberto Grassi, Presidente dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, presenta il nuovo progetto con cui Univa e le sue imprese associate, scendono in campo a sostegno proprio della crescita demografica: “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme”. “Consapevoli dell’urgenza di affrontare queste tematiche,

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abbiamo ritenuto fondamentale in un momento storico dominato da paura e sfiducia, di proporre per, e con, le nostre imprese, un’iniziativa mirata a contrastare le negative

dinamiche demografiche degli ultimi anni, certi che il calo della natalità sia uno dei principali ostacoli allo sviluppo di un territorio”. Il contesto è noto e messo in evidenza


Da sinistra, Mauro Vitiello, Roberto Grassi e Silvia Pagani

dall’analisi dei dati Istat elaborati dall’Ufficio Studi Univa: il calo delle nascite in provincia tra il 2009 e il 2021 è stato del 30%. “Di fronte a questo scenario, ci siamo chiesti cosa potessimo fare come associazione di imprese e imprenditori, che impiegano 66.500 addetti, per intervenire positivamente in favore delle dinamiche demografiche a beneficio delle aziende e della società in generale”, spiega Grassi. “Sappiamo che da soli potremo incidere poco sul trend statistico. Ma non è questo il punto. Il vero obiettivo è fare dei nostri luoghi di lavoro realtà inclusive e di porre al centro del dibattito politicosociale e dei progetti di sviluppo del territorio il tema della demografia, impegnandoci in prima persona”. Da qui la decisione di dar vita a PEOPLE, “un progetto unico nel suo genere, nato per sensibilizzare, promuovere e mettere a sistema iniziative di vario tipo accomunate

dall’obiettivo di favorire la crescita e lo sviluppo demografico, sostenendo la genitorialità, la conciliazione lavoro, famiglia, tempo libero e l’inclusione e, di conseguenza, contribuendo all’attrattività complessiva del territorio”, precisa l’imprenditore ambassador

Roberto Grassi: “Il vero obiettivo è fare dei nostri luoghi di lavoro realtà inclusive e di porre al centro del dibattito politicosociale e dei progetti di sviluppo del territorio il tema della demografia, impegnandoci in prima persona”

del progetto, Mauro Vitiello, Vicepresidente di Univa. “L’idea di base è quella di dotare il sistema economico locale di una capacità di visione di medio-lungo periodo su una problematica sociale prioritaria, operando su più livelli e in uno scenario in continua trasformazione”. “Le imprese sono il primo luogo di realizzazione delle persone – sottolinea ancora Mauro Vitiello –. Del resto, non sono solo luoghi di lavoro e produzione: sono delle vere e proprie comunità. Il welfare aziendale è uno strumento di competitività e attrazione di nuovi talenti nelle imprese e sul territorio. L’approccio innovativo del nostro progetto è quello di mettere le persone al centro dello sviluppo e di fare leva sul benessere per aumentare la produttività, la crescita e la continuità operativa delle imprese”. “Oggi più che mai i contesti che viviamo rendono urgenti riflessioni che sembrano esulare 13


FOCUS

PEOPLE nel futuro e nel proprio territorio. In particolare, qui nella nostra provincia. Siamo infatti convinti, come cittadini e come imprenditori, che Varese sia il miglior posto dove creare imprese e farle crescere, ma anche dove vivere con la propria famiglia”.

dalle dinamiche produttive in senso stretto, ma così non è”, chiarisce il Presidente di Univa. “Le imprese del territorio sono consapevoli dell’importanza di prendersi cura delle persone, soprattutto in questa fase storica, dopo due anni di pandemia, a cui fa seguito un macrocontesto internazionale che

genera non poche preoccupazioni e incide anche sul benessere e sulla felicità dei singoli. Il valore dell’individuo in tutta la sua complessità e con le sue relazioni deve essere al centro delle politiche sociali ed economiche, trasformando un momento di sfiducia come l’attuale in un momento di fiducia

Mauro Vitiello: “Le imprese sono il primo luogo di realizzazione delle persone. Del resto, non sono solo luoghi di lavoro e produzione: sono delle vere e proprie comunità. Il welfare aziendale è uno strumento di competitività e attrazione di nuovi talenti”

LE AREE DI INTERVENTO DEL PROGETTO “Il metodo di lavoro alla base di PEOPLE è quello del fare rete sul territorio, tra imprese e con tutti gli enti interessati, dalle aziende ai sindacati, dagli enti pubblici e dalle amministrazioni locali, ai privati”, spiega Mauro Vitiello, ambassador del progetto e Vicepresidente di Univa. Punto di partenza per la progettazione è stata l’individuazione di aree di intervento precise grazie al confronto con le aziende e l’ascolto delle loro necessità reali e concrete. Ecco quelle su cui Univa interverrà: La conciliazione vita e lavoro. Univa strutturerà dei percorsi ad

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hoc per le aziende. Tra questi, un programma di assistenza ai dipendenti e una Helpline di supporto per ogni esigenza, per esempio quelle delle neomamme e dei neopapà che rientrano al lavoro dopo il periodo di congedo. Welfare aziendale. Un team di esperti Univa (con competenze fiscali, previdenziali e sindacali) sarà in grado di consigliare e supportare le imprese nella redazione di piani di welfare e nella progettazione e sviluppo di azioni concrete in azienda, in base ai singoli budget. Smart working. Univa punterà al potenziamento degli strumenti

a supporto dello smart working, sia tecnologici con il confronto e lo sviluppo di iniziative e progetti con gli operatori del digitale per la banda ultra-larga per migliorare la connettività sul territorio, sia regolamentari con l’assistenza alle imprese nella redazione di accordi aziendali per l’implementazione del lavoro agile. I finanziamenti per le famiglie. Univa sta lavorando a percorsi specifici sviluppati insieme agli istituti di credito del territorio per sostenere la genitorialità anche a livello di risorse economiche. L’accessibilità a servizi pubblici e privati. Anche questo è un aspetto

che il Progetto PEOPLE ritiene fondamentale per facilitare la conciliazione degli impegni di lavoro con quelli della famiglia. Univa sta lavorando ad una rete di accordi per agevolare la fruizione di servizi alla persona, supporto al caregiver familiare, pre e dopo scuola, Pubblica Amministrazione, campus estivi, coworking, banche del tempo, maggiordomo aziendale. La formazione. Univa metterà in calendario corsi e incontri sui temi della genitorialità, il welfare aziendale, lo smart working, lo sviluppo del benessere delle persone al lavoro.


FOCUS

LA VIA PER LA CRESCITA

è la felicità Silvia Giovannini

La facilitazione dell’accesso al part-time per le neomamme e i neopapà. Borse di studio per i figli dei dipendenti. Progetti di inclusione per rendere la conciliazione vita privata-lavoro alla portata di qualsiasi tipo di famiglia. Manager introdotti con l’obiettivo di misurare e aumentare il tasso di Felicità Interna Lorda in azienda. Ecco quattro storie di imprese che fanno del sostegno alla genitorialità un fattore strategico del proprio sviluppo: Airport Handling, Sanofi, LATI e Copying

A

scolto, inclusione, benessere, ricerca della felicità: queste le parole d’ordine che risuonano in quelle aziende che pongono la persona e il sostegno alla genitorialità al centro dei

propri progetti strategici di gestione delle risorse umane. Iniziative che spesso vanno ben oltre la semplice conciliazione lavoro-famiglia. Quella che si va affermando in alcune imprese del Varesotto, anche piccole e medie, non solo multinazionali, è

una visione completamente diversa dell’organizzazione aziendale e di come interpretare il proprio ruolo a vantaggio della comunità. Ecco alcuni esempi emersi da una survey lanciata dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Airport Handling: tra borse di studio e WHP “In un settore come il nostro, per definizione in continua evoluzione, l’attenzione alle necessità e ai bisogni delle persone e l’ascolto di quanto avviene nella società è parte integrante del nostro business. Ne consegue che la sensibilità verso ambiente, benessere e sicurezza sia una priorità aziendale così come lo è la gestione attenta delle risorse umane. Il focus sul welfare e sulle attività per le famiglie non è nuovo per noi”, spiega Gian Carlo Grassini, Chief Human Resource di Airport Handling Spa, società del

Lavoratrici di Airport Handling

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FOCUS

FELICITÀ IN AZIENDA

gruppo Emirates/dnata che opera negli aeroporti di Malpensa e Linate e che occupa complessivamente 2.000 persone. “Da anni la nostra azienda promuove iniziative pensate per conciliare i tempi vita-lavoro favorendo in generale l’accesso al part-time per chi ha specifiche necessità e in particolare a favore delle neomamme, che possono usufruire, a richiesta, di una riduzione oraria nei primi 5 anni di vita del figlio. Sono inoltre previste borse di studio per merito destinate ai figli di dipendenti che frequentano la scuola primaria di primo e secondo grado. Recentemente abbiamo partecipato al WHP, un progetto promosso sul territorio da Unione Industriali, ATS Insubria e sindacati, al fine di sostenere il benessere individuale e favorire lo sviluppo di ambienti di lavoro sani e sostenibili. Ma non intendiamo fermarci qui: grazie alle indicazioni emerse da una recente indagine di clima, sono infatti allo studio iniziative volte a sostenere ulteriormente la genitorialità e accrescere la cultura del well-being”. Sanofi: obiettivo inclusione Anche nel settore dell’industria farmaceutica il tema è particolarmente sentito. “L’estensione del concetto di genitorialità è diventato un asset portante del programma globale di Diversity & Inclusion della nostra azienda”, spiega Laura Bruno, Direttore Human Resource Italia di Sanofi, una delle principali aziende farmaceutiche che, sullo Stivale, con le sedi di Origgio (Va), Anagni (Fr) e Scoppito (Aq), conta oltre 2.000 dipendenti. “Sanofi si impegna a estendere il concetto di genitorialità, a prescindere dalla forma familiare e senza vincoli di genere o orientamento sessuale, per promuovere un ambiente di lavoro inclusivo con azioni concrete. Dal 1° gennaio di quest’anno, l’azienda concede 14 settimane di congedo parentale retribuito a qualsiasi dipendente che abbia un bambino a prescindere dalle modalità (parto, 16

adozione o maternità surrogata) e indipendentemente dal Paese in cui lavora, dal genere o dall’orientamento sessuale”. Uno standard che interessa tutti i dipendenti nel mondo e che rappresenta una parte della strategia globale per l’inclusione e che copre alcuni dei principali aspetti della diversità: genere, etnia, LGBTQIA+, età e disabilità. Senza dimenticare i contesti. “Il congedo parentale, in Italia – racconta Bruno – è esteso anche ai dipendenti che decidono di prendersi cura di bambini ucraini, ospitandoli. L’accoglienza è temporanea, legata al periodo di emergenza e alla situazione di fragilità di molti bambini soli in fuga dalla guerra”. L’inclusione è senz’altro prioritaria per Sanofi: con il nuovo contratto integrativo, siglato in Italia a fine 2021, tutti i permessi relativi alla gestione dei figli sono stati estesi ai lavoratori uniti civilmente o in convivenza di fatto, senza alcuna distinzione. In particolare, per quanto riguarda il congedo parentale, a partire dal primo anno sino a 6 di età del bambino, il genitore riceverà un’integrazione della retribuzione in aggiunta a quanto previsto dalla legge (30% a carico Inps) sino a raggiungere il 50% della retribuzione. Ma non sono solo i figli i destinatari di questa visione. “Migliorare la qualità della vita delle persone, vuol dire anche supportarle nel momento in cui hanno la necessità di prendersi cura dei propri cari”, chiarisce la responsabile Hr di Sanofi Italia. “Sono dunque stati stabiliti per i dipendenti, permessi integrativi per l’assistenza a familiari non autosufficienti, per permettere loro di accompagnarli a visite mediche, esami o terapie. È previsto un congedo familiare retribuito, fino a 10 giorni, per supportare il dipendente a far fronte a situazioni critiche ed emergenziali nelle quali versa un familiare. Oltre a quanto già prevede la legge, sono stati riconosciuti ulteriori 5 giorni di permesso retribuito all’anno in caso di day hospital o ricovero dei figli fino al diciottesimo anno d’età, iniziativa

estesa anche alle coppie di fatto”. LATI: l’ascolto prima di tutto “Anche per noi l’ascolto e l’attenzione al contesto sono essenziali per studiare e proporre delle iniziative che, rispondendo a necessità reali dei nostri dipendenti e delle loro famiglie, siano davvero efficaci”, conferma Monica Parma, Human Resource specialist di LATI – Industria Termoplastici Spa di Vedano Olona. “Ad esempio, durante l’emergenza Coronavirus, ci siamo resi conto immediatamente di come lo strumento smart working andasse introdotto e strutturato per contratto 5 giorni su 5, da subito senza aspettare i singoli decreti o l’evolversi della situazione. E di come, nello stesso periodo, occorresse aguzzare l’ingegno per rispondere a problematiche contingenti più specifiche per i genitori. Quindi, abbiamo pensato di introdurre una formula di assistenza domestica per la Dad e la gestione dei bambini con educatori convenzionati con l’azienda”. L’attenzione alla vita dei ragazzi non è nuova per LATI. “Per noi la sostenibilità largamente intesa, la cura delle persone e il welfare sono concetti allargati e che lasciano spazio alla creatività”, continua Parma. “Da anni, ad esempio, abbiamo promosso una formula di supporto economico per i campi estivi del territorio per i figli dei nostri dipendenti, ma abbiamo anche introdotto delle iniziative finalizzate al risparmio di tempo: dal servizio sartoria e farmacia in azienda, alla palestra LATI, un vero fiore all’occhiello nella nostra offerta. Un’iniziativa che prima del Covid era solo fisica, poi è diventata virtuale in lockdown e ora è una formula ibrida, proprio perché ciascuno possa scegliere in base ai propri desideri e necessità”. Copying: la felicità è strategia Anche in Copying Srl di Caronno Pertusella, azienda specializzata in servizi digitali e fondata dal Vicepresidente di Univa, Mauro


Gli uffici di Copying

Vitiello, ambassador del Progetto “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme”, le buone pratiche sono all’ordine del giorno. “Quello che ci caratterizza è che l’attenzione allo stare bene delle nostre persone è diventato un vero e proprio sistema”. A raccontarlo Nathalie Pollina che, non a caso, è proprio la Chief Happiness Officer di Copying. “L’idea è semplice. Non si può essere felici in famiglia e nella vita se non si è felici anche sul luogo di lavoro ed è, inoltre, dimostrato che essere felici e motivati in assoluto rende più produttivi”. Quello che ben si dice un circolo virtuoso. Ma come si concretizza? “La felicità per noi è diventata strategica: l’obiettivo è rendere l’esperienza di ufficio un’occasione di valore. I progetti che abbiamo introdotto sono svariati. A partire dallo smart working per i neogenitori fino ai tre anni del bambino, per arrivare ad attività che sulla carta possono sembrare solo giocose e, invece, fanno parte di un progetto continuativo

di cura dei dipendenti. Si va dalla convenzione con produttori del territorio di frutta e verdura, perché i dipendenti possano ordinare la spesa direttamente in Copying e qui conservarla in frigoriferi ad hoc, fino all’organizzazione di attività pratiche, come il pilates o la ginnastica posturale in azienda o il gruppo della corsa o la messa a disposizione di biciclette per i dipendenti. L’obiettivo è lo stesso: non dover sottrarre il tempo di queste attività alla famiglia o allo spazio libero. Abbiamo poi lanciato l’iniziativa ‘Teach your talent’, che permette di condividere le passioni all’interno della nostra squadra: semplicemente chi ha un talento, lo insegna, che sia lo shiatsu o la fotografia”. Questo metodo è applicabile ovunque? “La nostra è un’azienda di 22 dipendenti, ma queste iniziative vengono realizzate anche in imprese molto grandi e multinazionali, consapevoli che prendersi cura dei propri dipendenti incide, non solo sulla qualità della vita delle persone, ma anche sul fatturato. L’importante è

che non siano iniziative estemporanee ma strutturate in un progetto”, chiarisce Pollina. “Proprio per questo, il nostro percorso sarà misurato in una nuova iniziativa che si chiama ‘I FIL good’. L’acronimo di Felicità Interna Lorda già anticipa l’obiettivo di una survey per misurare il grado di soddisfazione in azienda, per ragionare su riscontri periodici e concreti da parte del team”.

Anche la tua azienda porta avanti progetti di sostegno alla genitorialità o iniziative innovative di welfare aziendale che vorresti raccontare? Scrivi alla redazione di Varesefocus: info@varesefocus.it. Oppure contatta lo staff del Progetto PEOPLE di Univa: people@univa.va.it e partecipa alla survey compilando il form che trovi su www.univa.va.it

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FOCUS

La dura vita

DEL LAVORATORE GENITORE Chiara Mazzetti

Neo-madri in crisi per il rientro al lavoro dopo un periodo di congedo, genitori in rotta per la gestione dei figli, caregiver afflitti dai sensi di colpa per un impiego che li porta lontano dai parenti anziani bisognosi di cure. Le problematiche della conciliazione lavorofamiglia sono anche psicologiche. Ad aiutare ad affrontarle sono i Programmi di Assistenza ai Dipendenti offerti da realtà come Eapitalia, con servizi di Helpline, attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno

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eomamme che tornano al lavoro, non senza preoccupazioni o apprensioni, dopo un lungo periodo di congedo. Padri che condividono

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la gestione dei piccoli di casa con compagne sempre più apprensive, soprattutto dopo lunghi periodi di lockdown dovuti al Covid. Figli e figlie ormai adulti che, non senza qualche rimorso, scelgono carriere

lavorative che li portano lontani dai genitori anziani, assistiti fin a quel momento e ancora bisognosi di cure. Queste sono solamente alcune delle esperienze raccolte dal servizio di Helpline di Eapitalia World. Ma facciamo un passo indietro. Eap è un acronimo che sta per Employee Assistance Programmes, ovvero Programmi di Assistenza ai Dipendenti. Eapitalia, come recita il nome stesso, è, dunque, una realtà che fornisce servizi di welfare alle aziende. Attraverso un team di esperti, tra cui consulenti, avvocati, psicologi, terapeuti, coach e formatori, Eapitalia supporta i dipendenti delle imprese, che attivano un servizio di sostegno, in svariati ambiti, con modalità differenti, tra cui una Helpline. Una linea telefonica attiva 24 ore su 24, 7 giorni su 7, 365 giorni l’anno, che la stessa Unione degli Industriali della Provincia di Varese intende inserire in un programma pilota messo a disposizione dei dipendenti delle proprie aziende associate che aderiranno al Progetto “PEOPLE, l’impresa di crescere insieme”. Con focus specifico sulle tematiche di conciliazione vita privata e lavoro che, come spiega la cofondatrice e Amministratore Delegato di Eapitalia, Laura Sinatra, rappresentano una grande fetta delle richieste che “riceviamo


quotidianamente. Tra il 2020 e il 2021 abbiamo attivato 8.000 sessioni di supporto psicologico, di queste il 34% riguardavano l’ambito della famiglia e il 32% quello del lavoro. In altre parole, abbiamo registrato un forte desiderio, da parte delle persone che si sono rivolte a noi, di migliorare le proprie condizioni nella relazione famiglia-lavoro. Un dato molto significativo, anche a fronte di un periodo, quello post pandemico, in cui i livelli di stress sono cresciuti, aggravandosi poi sensibilmente”. All’altro capo della cornetta, a rispondere alle richieste di aiuto di madri, padri e caregiver, è la figura dell’intaker, ovvero un professionista che dopo aver preso in carico una necessità, affrontando l’eventuale emergenza in corso, aiuta la persona che si è rivolta all’Helpline con consigli ed azioni concrete. Il passo successivo è un nuovo contatto, a 1-2 settimane dalla prima chiamata, per valutare l’impatto dei suggerimenti forniti e un possibile percorso da portare avanti. “L’idea – precisa Sharmine Carluccio, cofondatrice e General Manager di Eapitalia – è di agire il più velocemente possibile sulle situazioni che agitano una persona e la distraggono da quelli che sono i suoi compiti in ambito lavorativo ed i suoi obiettivi personali”. Ma chi è l’utente medio di questo servizio di aiuto telefonico? La maggioranza delle richieste arriva dal mondo femminile, soprattutto da madri in difficoltà nella gestione dei figli. Eppure, gli ultimi anni, tra isolamenti forzati e maggior senso di collaborazione, sembrano aver ridotto di molto la forbice tra il numero delle richieste provenienti dai due universi genitoriali: quello delle madri, da una parte e quello dei padri dall’altra. Si sta, dunque, assottigliando il divario prima molto più accentuato. Il che ha spinto non solo donne, ma anche diversi uomini in difficoltà, a rivolgersi a Eapitalia. “La necessità di integrare lavoro e

Sono molte le coppie di genitori in crisi che faticano a ritrovare un equilibrio con i propri figli, per la maggior parte adolescenti, dopo i difficili periodi di reclusione dovuti alla pandemia da Covid-19 vita privata, migliorare le relazioni familiari e lavorative, supportare la genitorialità e sostenere i caregiver: queste le principali tematiche emerse dai colloqui telefonici con cui ci siamo confrontati in questo periodo”, racconta ancora Sinatra. Nel concreto si parla, ed esempio, di giovani madri in lotta con se stesse, che non riescono a ritrovarsi nella nuova dimensione di genitorelavoratore e pensano, seriamente, a lasciare l’impiego, perché attanagliate dai sensi di colpa nei confronti dei figli neonati lasciati a casa. “Ne raccogliamo molte di testimonianze simili: le mamme, specialmente quelle che lo diventano per la prima volta, faticano a rimettere nella giusta prospettiva le proprie progettualità. Si sentono sopraffatte dal senso di inadeguatezza per aver ‘abbandonato’ un figlio appena nato per tornare al lavoro. Noi le aiutiamo a guardare oltre il momento di difficoltà che stanno attraversando, proiettandole verso il futuro”, racconta ancora l’Ad di Eapitalia. Altro esempio, questa volta specifico, di madre divisa tra lavoro e prole è quello di una professionista cinquantenne, con grandi responsabilità in azienda e due bambini sotto i 10 anni da gestire a casa. Abituata ad un eccessivo rigore ed iper-controllo dietro la scrivania, la donna portava questa metodologia relazionale anche nella sfera privata, con conseguenti fratture sia con il

compagno sia con i figli stessi. Il lavoro di supporto svolto è servito a fornirle degli strumenti per ritrovarsi anche in un’atmosfera affettiva meno rigida. Il che ha portato, come conseguenza, ad un controllo sempre meno pressante anche sul luogo di lavoro, grazie ad una maggiore empatia nei confronti dei propri collaboratori: “D’altra parte – sottolinea Carluccio – non siamo fatti di compartimenti stagni. Portiamo la consapevolezza acquisita in tutti gli ambiti della nostra vita”. Un’altra significativa testimonianza è quella di un ragazzo che, dopo aver lasciato la madre anziana nella città natale ed aver cambiato più volte posto di lavoro, si trova schiacciato da un dilemma: sarà stato giusto allontanarsi da una persona amata che aveva bisogno del mio supporto, per poi non sentirmi appagato nella situazione lavorativa che ha causato questo allontanamento? Dubbio risolto grazie alla Helpline, che ha aiutato un figlio demotivato a ritrovare il giusto equilibrio. Per quanto riguarda, invece, spiccatamente il tema della genitorialità, stando all’esperienza della Helpline di Eapitalia, sono molte le coppie di genitori in crisi che faticano a ritrovare un equilibrio con i propri figli, per la maggior parte adolescenti, dopo i difficili periodi di lockdown dovuti alla pandemia da Covid-19. Così come i casi in cui un padre, seppur abituato ad essere partecipe alla vita familiare, improvvisamente si trova a dover fronteggiare segni di insofferenza del figlio (ancora una volta nella fase adolescenziale) nei confronti del mondo scolastico e, allo stesso tempo, alla crescente ansia della moglie per questa situazione di stallo. Sempre di più welfare aziendale vuol dire per le imprese aiutare i propri dipendenti a risolvere, con servizi ad hoc, anche questi problemi di vita e di famiglia. Una questione sociale, ma anche di produttività sul lavoro. 19


FOCUS

INVERTIRE LA ROTTA

si può Francesca Cisotto

Il declino demografico, il calo delle nascite e l’invecchiamento della popolazione non sono fenomeni ineluttabili. Ci sono Paesi in Europa, come Germania e Francia che, con politiche fiscali e di sostegno alle famiglie, sono riusciti a rialzare la curva della natalità. Anche la provincia di Bolzano ce l’ha fatta. Ora, in tutto il nostro Paese, va in scena il Family Act, diventato Legge dopo la recente approvazione in Senato. Basterà?

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umentare le nascite e frenare il progressivo invecchiamento della popolazione, riportando quel pendolo tra i neonati e i più anziani del Paese in una situazione di equilibrio. È questo il principale obiettivo del Family Act, diventato recentemente Legge con la sua approvazione al Senato il 6 aprile 2022. Un pacchetto di misure studiato ad hoc dal Governo italiano, in aiuto alle famiglie con figli a carico, per invertire l’attuale trend demografico. L’istituzione dell’A ssegno universale mensile per ogni figlio a carico fino all’età adulta e senza limiti di età per i figli con disabilità; il rafforzamento delle politiche di sostegno alle famiglie per le spese educative, scolastiche, ma anche per le attività sportive e culturali; la riforma dei congedi parentali, 20

con l’estensione a tutte le categorie professionali e l’introduzione dei congedi di paternità obbligatori e strutturali. E poi ancora: gli incentivi al lavoro femminile, le detrazioni per i servizi di cura, la promozione del lavoro flessibile e dell’autonomia finanziaria dei giovani under 35, con il sostegno per le spese universitarie e per l’affitto della prima casa. Queste le principali linee d’azione del Family Act. Obiettivi dichiarati: promuovere la genitorialità, contrastare la denatalità, favorire la conciliazione del lavoro con la vita familiare. Gli stessi che perseguono ormai da tempo anche i Governi di altri Paesi, con risultati tangibili. Come dire: invertire il trend demografico non è impossibile e i casi virtuosi a cui ispirarsi non mancano. Uno di questi è la Germania che, secondo gli ultimi dati Eurostat, registra un tasso di natalità, rispetto al 2008, in crescita del +15%. Berlino

ha messo in piedi negli anni un mix generoso di quattro misure per il sostegno economico delle famiglie. Da una parte è previsto un assegno erogato indipendentemente dalla situazione economica del nucleo famigliare; dall’altra i genitori senza lavoro o con orario di lavoro ridotto, resosi necessario per accudire i figli, possono contare su un secondo assegno sin dalla nascita e per i primi 14 mesi di vita dei neonati. A questi due assegni si aggiunge un terzo integrativo e supplementare per le famiglie a basso reddito. Nei casi più critici è previsto un quarto aiuto per permettere alle famiglie bisognose di far fronte alle spese legate ai servizi educativi e culturali dedicati al bambino. Una best practice di politica pubblica di successo a sostegno della demografia è sicuramente quella della Francia, dove la natalità, con un tasso di 10,9 nati ogni mille cittadini,


risulta essere tra le più elevate in Europa. Probabilmente a giocare a favore sono le tassazioni applicate su base familiare. Sostanzialmente, le aliquote fiscali vengono imposte sul reddito complessivo di tutta la famiglia, diviso per il quoziente familiare; una sorta di progressività dell’imposizione fiscale tale da assicurare meno tasse al crescere del numero di figli. A questi, poi, in casi critici, le politiche francesi prevedono l’aggiunta di diversi aiuti economici: assegni per chi ha figli, ad esempio, con meno di 3 anni oppure che frequentano la scuola tra i 6 e i 18 anni e, ancora, per chi vive con un solo genitore o con i nonni. In Italia, invece, uno dei pochi territori a vantare un tasso demografico positivo è la provincia di Bolzano. Qui, nel 2019, le nascite hanno superato i decessi con un saldo di +887 (5.284 bebè contro 4.397 lutti). A contribuire alla tenuta

demografica dell’area sembrano essere le politiche per la famiglia e per il sostegno alla natalità che la Provincia autonoma mette in atto a partire dagli asili nido. Le microstrutture per l’infanzia, infatti, costruite dai Comuni e gestite da cooperative sociali, hanno un costo veramente esiguo: parte da 90 centesimi in su, in base alle possibilità delle famiglie. Quelle con reddito e patrimonio non superiori agli 80mila euro, con bambini da 0 a 3 anni, inoltre, hanno diritto a un assegno mensile, per figlio, del valore di 200 euro. Nel settore privato, poi, i padri lavoratori dipendenti che usufruiscono del congedo parentale, possono ricevere fino a 800 euro al mese di contributo per i primi 18 mesi di vita del bambino. Inoltre, per le famiglie che hanno più figli minorenni o un figlio portatore di handicap, anche se maggiorenne, è disponibile un ulteriore contributo

che varia in base al reddito. A cui poi si aggiungono gli assegni statali per la maternità e per il nucleo familiare. Strumenti e misure per uscire dalla trappola demografica, dunque, esistono e sono già stati sperimentati con successo in Europa (dove però manca ancora una politica comune sul tema), ma anche in Italia. Ora rimane da vedere se le misure previste dal Family Act italiano saranno sufficienti a invertire la rotta e siano la risposta giusta alla sfida lanciata al Paese dallo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il 3 febbraio scorso, in occasione del discorso di giuramento in Parlamento per il suo mandato bis: “Dobbiamo disegnare e iniziare a costruire, in questi prossimi anni, l’Italia del dopo emergenza. Un’Italia che sappia superare il declino demografico a cui l’Europa sembra condannata”. Il Family Act basterà?

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INCHIESTA

ECONOMIA

di guerra Davide Cionfrini

Il 19,1% delle imprese varesine intervistate dall’Ufficio Studi Univa ha già dovuto ridurre i propri livelli produttivi. Questo uno dei principali effetti che il conflitto russo-ucraino sta avendo su un sistema produttivo fortemente internazionalizzato come quello all’ombra delle Prealpi. Aumento dei costi dell’energia, rincari e difficoltà di approvvigionamento sul fronte delle materie prime, problemi logistici con ritardi nelle consegne. Sassolini, a volte macigni, nell’ingranaggio dell’industria del Varesotto, che rischiano di creare nei prossimi mesi ulteriori stop produttivi nel 34% delle aziende

È

del 19,1% la quota di imprese manifatturiere della provincia di Varese, intervistate dall’Unione Industriali, che a fine marzo aveva già dovuto ridurre la propria produzione. A frenare l’industria all’ombra delle Prealpi sono sia l’aumento dei costi energetici, sia i rincari e le difficoltà di approvvigionamento sul fronte delle materie prime e dei semilavorati, aggravati dalle crescenti tensioni internazionali. Questa la prima conseguenza che il conflitto russo-ucraino sta avendo sull’economia locale. Il dato emerge da un’elaborazione dell’Ufficio Studi Univa basata sullo spaccato dei dati raccolti tra le aziende del territorio

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che, tra il 15 e il 24 marzo, hanno partecipato alla survey lanciata a livello nazionale da Confindustria proprio per sondare gli effetti che lo scoppio della guerra sta avendo sul sistema produttivo italiano. La precisazione preliminare dell’Ufficio Studi di Univa per i cultori delle rilevazioni statistiche e per una giusta interpretazione dei dati è d’obbligo: il campione sondato (110 imprese), si legge nelle slide che sintetizzano i risultati, “essendo l’indagine a risposta volontaria, non è statisticamente rappresentativo dell’universo delle imprese varesine, ma ha una buona numerosità di risposte per categorie di imprese e per settori esposti agli effetti economici del conflitto”. Risultato, appunto: il 19,1% ha già dovuto limitare la propria produzione. Di queste imprese il 52,4% ha contratto i livelli entro la soglia del 20%. Il 38,1% ha subito contrazioni tra il 21 e il 40%, mentre il 9,5% ha dovuto mettere in atto stop produttivi per oltre il 40%. E questo rischia di essere solo l’inizio. Se la guerra continuerà, le conseguenti tensioni sui mercati delle commodity e dell’energia, anche nel restante 80,9% delle imprese che ad oggi non si sono ancora fermate, rischiano di causare ulteriori cali nei ritmi di produzione. Il 34,1% prevede una riduzione o interruzione della produzione entro i prossimi 3 mesi. Il 28,4% ha una visione che arriva al massimo ad un anno, dopo di che dovrà intervenire con una diminuzione del lavoro. L’11,4% ha ossigeno per almeno due anni. Mentre solo il 26,1% potrebbe continuare con questa situazione all’infinito, senza colpo ferire sulla propria produzione. Nella quasi totalità delle imprese varesine sondate (97,3%) il problema ritenuto “importante” o “molto importante” è l’aumento del costo dell’energia. Il 95,5% subisce gravi conseguenze anche a livello di incrementi dei prezzi delle

materie prime. Alta la percentuale delle aziende che ha difficoltà di approvvigionamento: 82,7%. Fin qui le problematiche più diffuse che riguardano quasi l’intero panorama produttivo varesino. Minori, ma comunque molto elevate, anche le quote di imprese che registrano forti aumenti di prezzo sul fronte dei semilavorati (50,9%) e ingranaggi che si intoppano nel loro reperimento (42,7%). Fin qui la situazione dell’input, ossia nel rifornimento di tutti quei fattori necessari alla produzione. Qualche problema, però, si registra anche nell’accesso al mercato, se è vero che il 42,7% delle imprese segnala diminuzioni o, comunque, ostacoli alle esportazioni. A cui bisogna aggiungere il 40% di aziende che ha dovuto affrontare problemi (anche valutari) nell’incasso o nel pagamento nei confronti dell’estero. Le materie prime sulle quali le imprese varesine hanno più problemi di reperimento o di aumento dei costi sono acciaio, rame e nickel. Quelle, appunto, le cui principali fonti di provenienza sono Russia e Ucraina. Seguono, più a distanza, cotone, minerale di ferro, compensato, stagno, polpa di legno. A testimoniare come lo scenario coinvolga trasversalmente tutti i settori produttivi, non solo il metalmeccanico più esposto con le forniture ad Est. Cambiano dunque i mercati di approvvigionamento, con le imprese che, nel 48% dei casi, provano a modificare la geografia delle proprie forniture. Nelle realtà protagoniste di questo rimescolamento il 43,2% delle aziende cerca in Cina ciò che non trova più dai propri classici partner internazionali. Il 34,1% sta provando ad accorciare la catena rivolgendosi al mercato interno italiano. Il 20,5% volge lo sguardo alla Germania. Il 18,2% sta cominciando a sondare l’India e il 13,6% la Turchia. Le catene globali del valore sono

in subbuglio anche viste da Varese, dunque. Non senza problemi logistici da affrontare. “Il conflitto – si legge nel report dell’Ufficio Studi di Univa – ha aggravato le difficoltà logistiche globali che avevano già rallentato la ripartenza delle filiere internazionali di produzione nel 2021, in termini sia di ritardi, sia di aumenti nei costi”. Problematiche che si riscontrano nel 53,6% delle realtà produttive varesine sondate. In particolare, il 47,3% sta subendo incrementi nei costi dei trasporti, mentre il 40% denuncia allungamenti dei tempi di consegna. Solo il 2,7% ha dovuto fare i conti con vere e proprie interruzioni totali di fornitura. “L’impatto sulla logistica internazionale – spiega ancora l’Ufficio Studi Univa – non si esaurisce, quindi, nella chiusura parziale o totale, dei mercati di origine e destinazione. Riguarda anche il passaggio delle merci in transito da e verso altri Paesi: un aspetto particolarmente rilevante perché la Russia è attraversata dalle rotte, via terra, che collegano l’Europa all’A sia e, in particolare, alla Cina”. Lo scenario è dunque sempre più complesso. Ma le imprese non stanno con le mani in mano. Ognuna sta cercando di sperimentare un mix di azioni per far fronte alle difficoltà. Nell’88% dei casi provano a rivedere i prezzi di vendita per salvaguardare almeno in parte le proprie marginalità. Il 31% si appoggia a finanziamenti agevolati. Il 28% sta sperimentando una rimodulazione dei turni di lavoro. Mentre sul fronte dello sbocco sul mercato, il 24% del sistema produttivo varesino sta andando alla ricerca di nuovi mercati di destinazione alternativi. “Non siamo in un’economia di guerra, ma dobbiamo prepararci”, aveva dichiarato non poche settimane fa il Presidente del Consiglio, Mario Draghi. Le imprese varesine lo stanno già facendo. 23


INCHIESTA

L’INDUSTRIA VARESINA

in apnea Chiara Mazzetti

A scattare una fotografia della situazione che stanno vivendo i diversi comparti industriali in provincia di Varese, in conseguenza alle forti tensioni sui mercati dovute al conflitto russo-ucraino, sono state anche le Assemblee dei Gruppi merceologici di Univa, che restituiscono un quadro di grande incertezza e affanno

C

ome sta l’industria varesina? Quali ricadute sta avendo il conflitto russo-ucraino sui vari comparti industriali della provincia all’ombra delle Prealpi? A scattare un’istantanea sono le Assemblee dei Gruppi merceologici dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese,

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tra i più significativi appuntamenti della vita associativa che riuniscono, ad uno stesso tavolo (fisico o virtuale) imprenditori ed imprese del medesimo distretto. “La solidità del comparto manifatturiero alimentare è a rischio. Le imprese del nostro settore sono esposte a fattori critici: pensiamo ai rincari delle commodities alimentari, di cui le aziende italiane sono per larga parte importatrici e che viaggiano su incrementi a doppia o tripla cifra percentuale. La combinazione tra costi delle materie prime e delle forniture energetiche, lo schiacciamento contrattuale nei confronti della grande distribuzione e l’indebolimento del mercato interno fanno intravedere una contrazione del valore aggiunto e dei margini delle aziende”. Questo il commento di Remo Giai, Presidente del Gruppo “Alimentari e Bevande” di Univa. Del medesimo avviso Fiorenza Cogliati, Presidente del Gruppo “Cartarie, Editoriali e Poligrafiche”: “I dati mostrano come il 2021 abbia segnato, anche per il nostro settore, la ripresa della produzione in seguito alla crisi dovuta dalla pandemia da Covid-19. Purtroppo, però, il 2022 si è caratterizzato da un aumento senza precedenti dei costi dell’energia che sta mettendo in ginocchio un comparto come il nostro che necessita di un importante fabbisogno energetico e che, dunque,

è ora particolarmente esposto all’aumento dei costi produttivi che si stanno presentando sul mercato. Auspichiamo un intervento immediato da parte del Governo per supportare le nostre imprese che costituiscono un importante bacino occupazionale”. Altro settore fortemente energivoro è il “Tessile e Abbigliamento” che, archiviati i buoni risultati con cui si era chiuso il 2021, riscontra difficoltà congiunturali ingenti: “Gli aumenti dei costi dell’energia elettrica, stimabili fra il +470% e il +650% rispetto ai valori 2020, insieme a quelli del metano giunti ad incrementi dell’830%, stanno avendo conseguenze gravissime nella tenuta del nostro settore. Ciò sta accadendo soprattutto nel comparto più energivoro della nobilitazione tessile, ma anche in tutta la filiera, costituita in gran parte da piccole imprese già fortemente messe alla prova”, commenta il Presidente uscente del Gruppo Piero Sandroni. “Affinché il settore, così come tutto il sistema imprenditoriale, regga servono misure congiunturali, ma anche interventi strutturali basati su una vera politica industriale energetica che è stata per troppi anni assente o condizionata da un’ideologia ambientalista che è oggi complice della nostra forte dipendenza dal gas e dall’energia provenienti dall’estero. Servono misure quali il raddoppio


della produzione nazionale di gas; l’aumento del gas importato tramite il Tap, il gasdotto Trans-Adriatico; l’incremento dell’importazione del gas dall’A lgeria. Senza dimenticare la necessità di costruire una politica di produzione energetica nazionale nuova e strutturale”, si legge nella relazione di Andrea Rinaldi, Presidente del Gruppo “Terziario Avanzato”. A fare da termometro della situazione è anche il costante e preoccupante aumento delle ore di Cassa Integrazione, sempre più richieste dalle imprese varesine, come nel caso del comparto “Servizi infrastrutturali e Trasporti”. Nel periodo gennaio-febbraio 2022, infatti, tra Cigo, Cigs e Cassa in deroga si parla di oltre 2,3 milioni di ore autorizzate, livelli 10 volte superiori rispetto allo stesso periodo del 2021. A spostare l’ago della bilancia, con molta probabilità, le sofferenze di Malpensa e del suo indotto economico dovute alle restrizioni ai viaggi internazionali causate dal dilagare nello scorso inverno della variante Omicron del Coronavirus. “Il comparto chimica, petrolchimica, gomma e materie plastiche (fonte INPS) nel febbraio 2022 ha registrato livelli di ore autorizzate 27 volte superiori rispetto a quelli dello stesso mese dell’anno scorso. I rincari record delle materie prime e soprattutto dell’energia stanno frenando il motore della ripresa che eravamo riusciti ad avviare, aprendo una falla tra le nostre capacità competitive e la possibilità di scaricarle a terra in termini di crescita della produzione e di creazione di posti di lavoro”, rincara Roberto Di Domenico, Presidente uscente del Gruppo “Chimiche, Farmaceutiche e Conciarie”. Sono anche i dati dell’indagine congiunturale dell’Ufficio Studi dell’Unione Industriali a parlare di apnea: già a dicembre, infatti, la gran parte delle imprese varesine 25


INCHIESTA

INDUSTRIA VARESINA

del settore “Gomma e Materie Plastiche” si aspettava, per i primi mesi di quest’anno, performance meno brillanti rispetto a quelle dell’andamento dell’ultimo trimestre 2021. L’83,3% aveva previsto livelli produttivi stabili, contro il 91,3% che, invece, aveva chiuso lo scorso anno con una produzione in aumento. I dati della Cassa Integrazione Ordinaria sembrano confermare, ma in peggio, questo trend di raffreddamento degli entusiasmi. Altro picco (negativo) lo hanno registrato le imprese del settore “Varie”, di cui fanno parte, tra le altre, le aziende produttrici di giocattoli, imprese di pulizia e concessionarie d’auto. Considerando Cigo, Cigs e Cassa in deroga, nel mese di febbraio 2022 sono state autorizzate 7.050 ore, quasi aumentate di sette volte rispetto alle 1.907 dello stesso periodo del 2021. Il 2022, anche per il Gruppo “Materiali da Costruzione, Estrattive e Cave”, si è aperto con alcune criticità che potrebbero compromettere la ripresa del settore: l’aumento dei prezzi dei principali materiali da costruzione, l’accelerazione dell’inflazione e l’introduzione di forti limitazioni alla cessione del credito nel Decreto Sostegni-ter, nonché il perdurare dell’emergenza sanitaria provocata dalla pandemia. Perciò, la previsione dell’ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili aderente al Sistema Confindustria) per l’anno in corso è solo di un lieve aumento degli investimenti in costruzioni del +0,5% rispetto ai valori raggiunti nel 2021. E non va meglio neppure nel settore metalmeccanico che, a livello di numeri, risulta essere il più importante nell’industria del Varesotto e il cui peso sul sistema manifatturiero locale è testimoniato anche dalla quota di export: pari al 55,6% delle vendite all’estero prodotte nel 2021 da tutta l’industria varesina. “Le difficoltà del nostro settore – commenta 26

A fare da termometro della situazione che sta vivendo l’industria all’ombra delle Prealpi è anche il costante e preoccupante aumento delle ore di Cassa Integrazione, sempre più richieste dalle imprese varesine Giovanni Berutti, Presidente uscente del Gruppo ‘Meccaniche’ di Univa – sono partite con la crisi dei rifornimenti di microchip all’industria dell’automotive che ha poi amplificato i suoi effetti su tutto l’indotto. A ciò si è aggiunta la mancanza di componenti al comparto delle macchine utensili. Poi è arrivata l’onda anomala delle materie prime, con difficoltà di reperimento e prezzi alle stelle e lo tsunami dei costi energetici senza precedenti che hanno

travolto trasversalmente tutte le nostre imprese. Siamo di fronte ad una tempesta perfetta dalla quale temiamo possano scaturire anche conseguenze sul piano delle tensioni sociali”. A fare da eco a queste considerazioni è Gianluigi Casati, Presidente del Gruppo “Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie” dell’Unione Industriali, che pone un quesito al quale è tutt’altro che semplice rispondere: “La sfida che abbiamo di fronte e alla quale siamo chiamati è quella della competitività internazionale. Come competere sui mercati di fronte a emergenze come quella della pandemia, dei prezzi energetici a livelli storici e dei costi delle materie prime che aumentano a doppia, a volte, tripla cifra percentuale? Molte imprese sono già oggi compromesse nella loro continuità operativa”. Preoccupazioni anche per le imprese varesine del “Legno” sul fronte dell’export. Quello russo era, infatti, uno dei mercati più promettenti e in espansione. Solo nell’arredo l’anno scorso il made in Varese aveva registrato un +49,2%. Un’altra era. Pre-guerra.

Assemblee 2022

I PRESIDENTI DEI GRUPPI MERCEOLOGICI UNIVA Alimentari e Bevande Cartarie Editoriali e Poligrafiche Chimiche, Farmaceutiche e Conciarie Gomma e Materie Plastiche Legno Materiali da Costruzione, Estrattive e Cave Meccaniche Servizi infrastrutturali e Trasporti Siderurgiche, Metallurgiche e Fonderie Terziario Avanzato Tessile e Abbigliamento Varie


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INCHIESTA

QUANTO SONO DIGITALI LE IMPRESE

LA DIGITAL TRANSFORMATION IN LOMBARDIA

lombarde? Alessia Lazzarin

Le aziende, seppur a diversi livelli, sono sempre più orientate verso la trasformazione digitale e utilizzano in maniera crescente soluzioni di intelligenza artificiale. Tuttavia, le opportunità non ancora colte sono diverse. Mancanza di risorse e difficoltà, soprattutto per le piccole realtà, di interloquire con i grandi fornitori tecnologici sono i principali ostacoli. A dirlo è il Report realizzato dal Digital Innovation Hub Lombardia per fare il punto della situazione sul processo di digitalizzazione delle realtà produttive lombarde

D

uecentocinquanta imprese lombarde coinvolte. 11 macrosettori rappresentativi del sistema produttivo analizzati. 3 dimensioni d’azienda sondati: piccola, media e grande. Sono questi i parametri utilizzati dal Digital Innovation Hub Lombardia (la struttura dei servizi legati a industria 4.0, creata da Confindustria Lombardia, insieme alle associazioni industriali territoriali lombarde) per misurare il grado di maturità digitale delle realtà produttive. Per realizzare l’indagine è stato fondamentale l’apporto delle nove Antenne Territoriali con cui opera costantemente il DIH lombardo, considerate, a tutti gli effetti, le sue colonne portanti. Tra queste c’è anche l’Unione degli Industriali

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della Provincia di Varese che opera su questi fronti per il tramite della sua Area Digitale e della sua società di servizi Univa Servizi. Il risultato finale dello studio è racchiuso in un Report di 150 pagine. L’attività di mappatura svolta dal DIH Lombardia si può riassumere in quattro passaggi chiave: definizione e sviluppo del modello da utilizzare durante l’erogazione del servizio alle imprese; identificazione e costruzione del cluster di aziende da coinvolgere per le tematiche legate all’intelligenza artificiale; erogazione del servizio a ciascuna impresa e, infine, analisi dei risultati con elaborazione finale del Report “Digital & AI: una mappatura della situazione in Lombardia”. Le imprese lombarde sono state misurate sul grado di utilizzo dell’intelligenza

artificiale e delle tecnologie digitali in genere, nelle proprie realtà produttive. Delle 250 aziende prese a campione, la maggior parte (81%) sono Pmi. Più nel dettaglio: il 51,6% sono piccole realtà con meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore ai 10 milioni di euro. Il 28,8% sono imprese di medie dimensioni, con un fatturato annuo non superiore ai 50 milioni e contano al massimo 250 dipendenti. E poi, il 19,6% sono grandi imprese che hanno più di 250 dipendenti e un fatturato annuo superiore ai 50 milioni di euro. Questo lo spaccato dimensionale, a cui si aggiungono, come elemento di analisi, anche gli 11 cluster settoriali di riferimento. Tra questi, quelli rappresentativi del sistema produttivo regionale,


A livello di settori, nel comparto della meccatronica, rappresentato, in Lombardia, da oltre 1.600 imprese, la personalizzazione del prodotto registra un punteggio molto buono: 3.52, superiore al valore medio del campione totale (3.39). Bene anche la flessibilità organizzativa (3.39): capacità di gestire gli imprevisti e l’efficace ed efficiente integrazione tra le varie funzioni sono i fattori che rendono elevato questo valore in un comparto così importante per l’economia lombarda. Analizzati insieme sono stati, invece, i settori tessile, carta e plastica. I parametri che registrano i punteggi più alti in questi comparti sono gli stessi di quello meccatronico: 3.29 per la flessibilità organizzativa e 3.20 per la personalizzazione del prodotto. Nel comparto chimico, la personalizzazione del prodotto ha ricevuto un voto discreto (3.55), mentre le aziende devono ancora lavorare molto sulla centralità del modello B2B (punteggio 2.50). Questi alcuni esempi della fotografia scattata dal DIH a livello di singoli settori produttivi. In linea generale, il Report riassume i risultati raggiunti in 10

secondo il report del DIH Lombardia, sono: il comparto meccatronico e quello del tessile, carta e plastica sondati in maniera congiunta; seguono l’alimentare, la chimica e l’automotive. L’energia e l’edilizia. Senza dimenticare il Life Sciences, l’industria pesante e l’altra industria manifatturiera e non manifatturiera. Personalizzazione del prodotto, flessibilità organizzativa, centralità del modello B2B, ecosistema dell’intelligenza artificiale (IA), anche in termini di filiera, Digital Capability: questi i cinque

fattori di analisi utilizzati. La scala dei risultati va da un valore minimo di 1 ad un massimo di 5. A livello generale, la capacità di personalizzazione del prodotto delle imprese lombarde ha ricevuto un punteggio di 3.39. Flessibilità organizzativa 3.30. Intelligenza artificiale e Digital Capability, invece, 2.90. Fin qui i voti buoni. Da migliorare, invece, l’ecosistema dell’IA anche in termini di filiera su cui le imprese lombarde prendono un voto di 2.87 e la centralità del modello B2B con 2.77.

Secondo il Report del DIH Lombardia nel settore Life Sciences c’è un grande potenziale ancora inesplorato per quanto riguarda la digitalizzazione della supply chain, mentre l’Automotive si presenta come uno dei settori più completi per quanto riguarda l’implementazione dell’intelligenza artificiale 29


INCHIESTA

TRASFORMAZIONE DIGITALE

punti. Eccone alcuni: c’è omogeneità della maturità digitale tra le varie dimensioni aziendali, questo è indice di un orientamento trasversale verso l’IA; Personalizzazione Prodotto e Flessibilità Organizzativa sono le aree dove l’IA è più sviluppata; nelle Life Sciences c’è un grande potenziale ancora inesplorato per quanto riguarda la digitalizzazione della supply chain; l’Automotive si presenta come uno dei settori

più completi per quanto riguarda l’implementazione dell’IA; l’alimentare presenta significativi margini di miglioramento in particolare dal punto di vista tecnologico; al momento nell’edilizia l’adozione dell’IA è limitata. Quello che emerge, quindi, è che le imprese lombarde sono già, seppur con differenti livelli, orientate verso la trasformazione digitale e l’utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale.

Tuttavia, le opportunità non ancora colte sono molteplici. Le imprese, se riusciranno a sfruttarle, potranno aumentare ulteriormente la loro competitività. Questo risultato, però, non deve trascurare due aspetti fondamentali. Da una parte, le difficoltà, soprattutto per gli attori più piccoli, nell’accedere a capitali o di interloquire con i grandi fornitori tecnologici. Dall’altra, la difficoltà di reperire le giuste competenze nel guidare l’azienda in questo processo di trasformazione digitale. A questi aspetti, si aggiunge un tema a cui le imprese devono prestare attenzione: la sostenibilità. Le aziende devono pensare a processi, prodotti e modelli sostenibili. Queste le sfide a cui sono chiamate le imprese, specialmente quelle lombarde, con una forte vocazione manifatturiera. Ma soprattutto, le realtà produttive non possono mai fermarsi o limitarsi ad osservare. L’ambito digitale muta troppo velocemente. Serve, quindi, saper sfruttare al meglio la tecnologia e fissare obiettivi di medio-lungo periodo. Questi i principali consigli che emergono dal Report del DIH Lombardia.

L’ASSESSMENT DIGITALE DEL DIH LOMBARDIA Cos’è l’Assessment digitale? Come funziona? Quali sono i vantaggi per le imprese che lo fanno? Il Digital Innovation Hub Lombardia ha sviluppato uno strumento che, sulla base delle specifiche strategie aziendali e dell’ambiente ICT (Information Communication Technology), analizza il grado di maturità digitale delle aziende. Si tratta di uno strumento gratuito, utile per comprendere i trend relativi alla trasformazione digitale del settore di appartenenza dell’impresa, che permette di ottenere una roadmap per avviare un piano

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di trasformazione digitale. Sono quattro le dimensioni che il Digital Assessment analizza: organizzazione, per esaminare la struttura e i processi sottostanti; esecuzione, per comprendere come viene eseguito ogni processo; monitoraggio e controllo, per analizzare quanto un’impresa misura e tiene sotto controllo gli indicatori di performance rilevanti per la sua attività; tecnologie, per mappare informazioni sulle soluzioni IT utilizzate a supporto. Le quattro dimensioni vengono, successivamente, analizzate

contestualizzandole nei macroprocessi che compongono la value chain dell’impresa: ricerca e sviluppo, produzione, qualità, supply chain, logistica, manutenzione, marketing, risorse umane, vendite e customer care. Dopo questa fase di analisi, viene elaborato un report conclusivo che riporta alcuni trend del settore di appartenenza dell’impresa ed eventuali proposte di miglioramento. A livello locale, per le imprese varesine che desiderano scoprire quanto siano digitalmente mature, questo servizio è

portato avanti dall’Area Digitale dell’Unione Industriali. A seguito dell’Assessment Digitale, inoltre, grazie al Progetto Sviluppo PMI, nato dalla collaborazione tra il DIH Lombardia e Federmanager, viene data l’opportunità alle imprese interessate di usufruire, per dieci giornate, della consulenza e del supporto gratuito di un manager selezionato. In particolare, grazie alla collaborazione del manager esperto l’impresa può mettere in pratica alcuni suggerimenti emersi dal Report e portare avanti un progetto digitale.


INCHIESTA

LA PIÙ IMPORTANTE TECNOLOGIA

LA DIGITAL TRANSFORMATION IN LOMBARDIA

è la persona Alessia Lazzarin

Cavalcare l’onda della trasformazione 4.0 non è più una scelta, ma, sempre di più, una via obbligata per garantire la competitività del sistema produttivo nel lungo periodo. È così che la pensa Gianluigi Viscardi, Presidente del Digital Innovation Hub Lombardia e Coordinatore nazionale della rete dei DIH di Confindustria: “Per le imprese la digitalizzazione è fondamentale anche per centrare gli obiettivi di sostenibilità sociale e ambientale e per diventare più resilienti di fronte alle sfide che il contesto mondiale ci pone di fronte”

‘‘L

a prima tecnologia abilitante della trasformazione digitale delle imprese sono le persone”. È così che la pensa Gianluigi Viscardi, Presidente del Digital Innovation Hub Lombardia e Coordinatore nazionale della rete dei DIH di Confindustria. Presidente Viscardi, dalla sua fondazione nel 2017, ad oggi, in che modo è cambiato il ruolo del Digital Innovation Hub Lombardia?

Le attività iniziali del DIH Lombardia sono state principalmente: sensibilizzazione sulle tematiche di industria 4.0 ed erogazione di Assessment di maturità digitale alle aziende, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni. Superata la fase di startup, il DIH si è evoluto, focalizzandosi anche sulla sensibilizzazione dell’importanza della catena del valore nel processo di digitalizzazione. La creazione di un modello di mappatura comune e condiviso ha permesso di estendere all’intera rete nazionale dei DIH di Confindustria i cosiddetti “progetti

di filiera” (tra cui spiccano quelli che hanno visto come capofiliera Ansaldo, ABB, Leonardo e Hitachi e quello che ha coinvolto la filiera del Filo d’Oro). Oggi, stiamo lavorando alla “matrice 10x10”, un sistema per clusterizzare gruppi di imprese appartenenti allo stesso settore industriale, che presentano esigenze tecnologiche e funzionali comuni. Tecnologie e competenze giocano un ruolo da protagoniste nella trasformazione 4.0. Quanto conta per le imprese che vogliono raggiungere la maturità digitale investire nel capitale umano? Quanto nelle tecnologie? Fare innovazione digitale non significa semplicemente utilizzare le nuove tecnologie in quanto tali, ma partire da queste per ripensare e semplificare il processo produttivo. Per ridisegnare i modelli di business in una logica di apertura al cambiamento. Si tratta di un percorso pieno di rischi ma, anche e soprattutto, colmo di opportunità per le imprese che, per realizzare i loro obiettivi, hanno il dovere di integrare le tecnologie nella strategia dell’organizzazione. Questo cambiamento è fortemente legato alla componente del capitale umano. È fondamentale considerare le 31


INCHIESTA

TRASFORMAZIONE DIGITALE

persone come fossero loro stesse una “tecnologia abilitante”. Non basta, quindi, acquistare le tecnologie. Bisogna investire, in particolare, nei giovani. Bisogna supportarli e guidarli per farli crescere professionalmente. Quanto ha investito il DIH Lombardia in questi anni? Le associazioni territoriali che fanno parte di Confindustria Lombardia hanno investito Gianluigi quasi 1 milione Viscardi di euro negli ultimi 3 anni. Questo ha permesso alle imprese lombarde di usufruire dei servizi del DIH gratuitamente. È importante, però, che ci sia un investimento anche da parte delle Istituzioni. Lo strumento che potrebbe fornire delle risorse è il Pnrr che, tra l’altro, riconosce proprio ai DIH un ruolo importante in questo processo. Quali sono i servizi che vengono offerti alle imprese? Quali i risultati raggiunti? Il DIH Lombardia in questi anni ha svolto oltre 460 Assessment digitali e ha favorito l’orientamento verso l’innovazione raggiungendo circa

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9mila imprese. Ha attivato alcune iniziative con il programma di Politiche Attive, sia a livello nazionale sia regionale, in collaborazione con Federmanager, per coinvolgere un elevato numero di manager esperti e attualmente inoccupati nel ruolo di supporto alle aziende nella esecuzione dell’Assessment e nel conseguente sviluppo della roadmap di trasformazione digitale. Dal 2020 ha avviato una collaborazione con il Competence Center Lombardo MADE, specializzato nella manifattura, organizzando diversi eventi di sensibilizzazione, raggiungendo oltre 560 realtà. I risultati del Report sul grado di maturità digitale delle imprese lombarde parlano chiaro. Le aziende, sia di piccole, medie o grandi dimensioni, sono pienamente orientate verso la trasformazione digitale e adottano sempre di più soluzioni di intelligenza artificiale. Quali sono le prossime sfide che attendono il sistema produttivo della Regione più industrializzata d’Italia?

Seppur il Report evidenzi che le realtà lombarde si stanno orientando verso l’adozione di soluzioni di IA, reputo prioritario sottolineare e ribadire per tutte le aziende, di ogni settore e di ogni dimensione, l’importanza del dato, alla base di ognuna delle tecnologie abilitanti. Per ogni impresa sarà fondamentale sviluppare una cultura fortemente basata sulla gestione dei dati che rappresentano il patrimonio informativo delle aziende e che sono la linfa vitale di un processo decisionale il più possibile efficace e strutturato. È quindi fondamentale rendere la conoscenza un patrimonio di tutta l’organizzazione. Avere sistemi in cui storicizzare i dati, condividerli, integrarli e renderli accessibili alle diverse aree aziendali, permette di ottenere numerosi vantaggi. Per concludere, credo che digitalizzare le imprese non sia più una scelta ma una condizione ormai necessaria per continuare a prosperare e raggiungere non solo gli obiettivi di business, ma anche quelli più a medio-lungo termine, come la sostenibilità ambientale e sociale e incrementare la capacità di resilienza delle aziende di fronte alle numerose sfide che negli ultimi due anni si sono materializzate nel mondo: pandemia, rincari delle materie prime, crisi energetica e da ultimo, per ordine cronologico, il conflitto russo-ucraino.


Imprese 4.0 aVarese

LA DIGITAL TRANSFORMATION IN LOMBARDIA

Alessia Lazzarin

Che si tratti del comparto aerospaziale, cosmetico o chimico poco importa. Anche le imprese varesine stanno investendo tempo e risorse per raggiungere un buon grado di digitalizzazione. Lo fanno passando anche attraverso il servizio gratuito di Assessment digitale proposto dal Digital Innovation Hub Lombardia. Come si posizionano le realtà manifatturiere del Varesotto? Quali sono i punti di forza? Su quali aspetti devono migliorare? Gli esempi delle aziende La Nordica, Merletti e LATI

L

e imprese lombarde, secondo il Report “Digital & AI: una mappatura della situazione in Lombardia” del Digital Innovation Hub Lombardia, sono già ben orientate verso la digitalizzazione. In provincia di Varese, invece, qual è la situazione? Le aziende sono digitalmente mature? Quali sono i punti di forza? Su quali aspetti, invece, devono migliorare? A scattare una fotografia è il servizio gratuito di Assessment digitale proposto dal DIH lombardo e portato avanti, a livello locale, dall’Area Digitale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. L’obiettivo è quello di aiutare le aziende a prendere maggior consapevolezza verso questa tematica, mettendosi alla prova e portando a casa spunti di riflessione. A raccontare la propria

esperienza sono La Nordica Srl di Arcisate, la Merletti Srl di Arsago Seprio e la LATI–Industria Termoplastici Spa di Vedano Olona. Realtà varesine che fanno parte di comparti completamente diversi tra loro. Che si tratti di aerospazio, cosmetica o chimica poco importa. Secondo il risultato finale dell’Assessment digitale del DIH Lombardia, queste tre imprese vedono nella trasformazione 4.0 un trampolino di lancio verso nuove opportunità. Ma non solo. La tecnologia sembra cambiare radicalmente la concezione di mansione e di tempo. Le persone, infatti, grazie all’automazione dei processi, ottimizzano i tempi durante lo svolgimento della propria attività lavorativa. LA NORDICA — “Per noi la trasformazione digitale è un valore aggiunto. Efficienza tecnologica

equivale a efficienza operativa. Essere competitivi vuol dire essere anche capaci di ottimizzare i costi – sostiene Paola Santini Vanoni, Procuratore Generale de La Nordica –. L’innovazione tecnologica dà

Paola Santini Vanoni

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INCHIESTA

VARESE 4.0

un’immagine moderna all’impresa, permette di stare al passo con i tempi. E poi consente di guadagnare tempo ed energia”. Per l’azienda di Arcisate, produttrice di articoli per l’igiene, la cura del corpo e della persona, che opera sul mercato con il marchio “White Castle”, l’Assessment digitale del DIH Lombardia è stato a tutti gli effetti volano per nuove sfide. Un’occasione di confronto per guardare oltre i propri orizzonti e per migliorarsi. Grazie alla digitalizzazione, secondo Santini, “se una mansione può essere svolta da un macchinario, sicuramente la persona guadagna tempo e non spreca eccessivamente energia nel proprio lavoro quotidiano”. Un nuovo modo di pensare il lavoro e il tempo, quindi, per migliorare anche la qualità di vita dei dipendenti. La Nordica, inoltre, è tra le imprese che hanno preso parte al Progetto Sviluppo PMI, avviato grazie alla collaborazione tra il DIH Lombardia e Federmanager. A seguito degli spunti emersi dall’Assessment Digitale l’impresa ha potuto mettere in pratica alcuni suggerimenti e per farlo ha usufruito della consulenza e del supporto gratuito, per dieci giornate, di un manager selezionato. MERLETTI — Per il comparto aerospaziale, l’esempio è quello della Merletti Srl di Arsago Seprio, impresa che dal 1972 si occupa di lavorazioni meccaniche specializzate nel settore Aeronautico, Aerospaziale e della Difesa. “La trasformazione digitale, l’innovazione in ottica 4.0, la capacità di gestire a livello informatico sempre più fasi operative, generando delle vere e proprie interconnessioni tra i centri di lavoro stessi ed i sistemi gestionali Erp, ha rappresentato e rappresenta tuttora una considerevole parte degli investimenti aziendali – racconta Ivan Zingaro, Responsabile 34

Ivan Zingaro

Amministrativo dell’azienda –. Attraverso la digitalizzazione e l’interconnessione siamo in grado di gestire un’operatività migliore e più celere, oltre a migliorare la pianificazione dei carichi di lavoro”. Si tratta, quindi, di investimenti che permettono alla Merletti di continuare a competere su un mercato sempre più tecnologico. “L’Assessment ci ha dato conferma, da un lato, che il percorso che abbiamo intrapreso volge verso la corretta direzione, ottenendo un punteggio medio di 4.15 su 5 nei macroprocessi di progettazione, qualità, produzione. Dall’altro lato, ci ha permesso di ottenere validi spunti di riflessione per migliorare ancora di più il nostro sistema interno”, afferma Zingaro. LATI — A misurare il proprio grado di digitalizzazione attraverso l’Assessment del DIH Lombardia è stata anche la LATI – Industria Termoplastici Spa di Vedano Olona. L’impresa opera nel campo delle materie plastiche tecniche per beni durevoli. Proprio per questo, secondo Michela Conterno, Amministratore Delegato dell’azienda, “dobbiamo continuare ad essere competitivi per dare un servizio sempre

migliore ai nostri clienti. È proprio grazie alla digitalizzazione e all’automazione che noi vogliamo efficientare i processi, soprattutto su quei materiali che sono il core business dell’azienda per il settore elettrico ed elettrodomestico, uno dei comparti più strategici e competitivi”. LATI si definisce un’azienda digitale che, però, “deve prestare attenzione anche ai costi”. Dalla digitalizzazione, l’impresa di Vedano Olona si aspetta anche un miglioramento a 360 gradi sulla modalità lavorativa. “Sia grazie ad un controllo in tempo reale della propria performance sia grazie ad un miglioramento della qualità del lavoro – continua Conterno –. Se il lavoro diventa sempre più automatico e digitale, le persone potranno dedicarsi sempre di più ad attività creative, tralasciando quelle considerate più ripetitive”. L’Assessment digitale è stato molto interessante per l’azienda, perché ha generato valore interno. “Ha creato una consapevolezza maggiore rispetto al mercato estero. Ci siamo chiariti le idee rispetto al tema della digitalizzazione”. Un’opportunità stimolante, insomma, che ha permesso a LATI di “posizionarsi in una fascia alta su queste tematiche”. Michela Conterno



ECONOMIA

Come cambiano I PREMI DI RISULTATO Chiara Mazzetti

L’aggancio alla reale crescita competitiva dell’impresa sui mercati. Il legame con la capacità di portare avanti progetti di sviluppo brevetti o di implementazione dell’economia circolare. La definizione di nuovi fattori di produttività e qualità. La spinta verso il coinvolgimento partecipativo. La riduzione degli incidenti sui luoghi di lavoro e del tasso di assenteismo in azienda. Ecco i nuovi parametri che multinazionali e Pmi della provincia di Varese stanno sperimentando nei riconoscimenti economici ai propri dipendenti, aprendo la strada ad una nuova era della contrattazione aziendale

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l premio di risultato (Pdr) è la quota aggiuntiva alla retribuzione di natura variabile che viene riconosciuta ai dipendenti, mediante la sottoscrizione di appositi accordi sindacali, al raggiungimento di incrementi di produttività, redditività, qualità ed efficienza o altri indicatori condivisi tra le parti. Se correttamente applicato, questo tipo di contrattazione collettiva, comporta particolari vantaggi in termini di detassazione e decontribuzione delle somme erogate. Stando agli ultimi dati disponibili del report del Ministero del Lavoro sui contratti depositati, il 2020 è risultato essere un anno a dir poco critico in fatto di accordi stipulati. Con un periodo di riferimento che va dal 2016 ad oggi (compresi i primi

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mesi del 2022), il 2020 ha segnato un crollo significativo: si è passati, infatti, dagli 11.615 contratti del 2019 ai 6.784 dell’anno successivo. Praticamente dimezzati. Ad incidere sulla volontà delle imprese di rinnovare o siglare nuovi contratti per premi di risultato, l’incerto quadro socioeconomico dovuto dal dilagare della crisi pandemica da Covid-19. Trend che è proseguito anche per tutto il 2021.

Un nuovo modo di fare contrattazione aziendale

In controtendenza rispetto ai dati nazionali, la provincia di Varese, negli ultimi mesi dello scorso anno e nei primi di quello in corso, ha registrato un singolare ricorso, almeno nel settore gomma-plastica, a questa tipologia di riconoscimenti per i dipendenti. “Parliamo di premi

di risultato innovativi – spiega Ernesto Di Seri, dell’Area Sindacale dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese –. Sono stati recentemente siglati con alcune imprese della zona di Varese, il Sindacato, le Rsu aziendali e l’aiuto di Univa, una serie di accordi dedicati a premi di risultato basati su parametri spesso non usuali, appunto definibili innovativi, perché legati ancor più strettamente all’andamento dell’azienda”. Un cambio di metodologia che, ammette Di Seri, non è stato così semplice trasferire: “Si tratta di qualcosa di estremamente dinamico, in grado di seguire in tempo reale l’evolversi della situazione aziendale. I parametri per i Pdr vengono pensati ad hoc e definiti in base alle esigenze delle singole imprese, non senza una


certa difficoltà, almeno iniziale, nel percorso di contrattazione e stesura degli accordi che richiedono, a volte, essendo customizzati, un impegno maggiore anche nella loro costruzione tecnica. Questo impegno, a onor del vero, ha comportato uno sforzo iniziale non indifferente anche da parte delle Rsu e delle organizzazioni sindacali. Ostacoli che erano in gran parte di natura psicologico-emotiva o di puro timore del cambiamento, superati, però sia grazie ai primi significativi esiti positivi, anche in termini di remunerazione futura per i lavoratori, sia per la comune convinzione sull’importanza di generare risorse all’interno dell’impresa, come pre-condizione per occuparsi successivamente delle migliori modalità di distribuzione”. Sono di diverse dimensioni le aziende coinvolte, da multinazionali a realtà a conduzione familiare: “Il filo rosso è la volontà di sedersi intorno ad un tavolo e fare la contrattazione sindacale, nonostante le difficoltà oggettive che tutte le aziende stanno riscontrando a causa, da ultime, anche delle sempre maggiori tensioni derivanti dalla guerra in Ucraina, conseguente all’invasione russa – precisa ancora Di Seri –. Nonostante i diversi contesti e le differenti tipologie di imprese, resta comune la consapevolezza delle parti della necessità di pensare a dei premi di risultato che fotografino il reale andamento aziendale”.

di qualche mese con le parti sindacali ci ha portato a questo rinnovo, siglato con soddisfazione. Si tratta di un accordo di 3 anni, che prevede, oltre ai parametri classici (tra i quali particolare rilievo assume il legame con le Ebitda), due indicatori mai sperimentati prima: uno legato al tema della sicurezza, basato sul miglioramento di un apposito parametro relativo alla riduzione dei giorni di infortunio e uno fondato su una particolare misurazione dall’assiduità ‘collettiva’ al lavoro, poi declinato in base alla presenza individuale”, spiega Tolo. “La nostra volontà è quella di

coinvolgere sempre più i lavoratori su obiettivi e risultati tangibili e verificabili. Nonostante i tempi siano difficili: d’altra parte, se non ragionassimo in modo coraggioso non faremmo mai nulla, nemmeno investire – continua –. C’era il bisogno di rilanciare e fidelizzare le persone all’azienda, andando incontro alle necessità dei nostri dipendenti e facendo in modo che ci fosse maggior senso di appartenenza”. Ai 290 dipendenti di Alfatherm, suddivisi nei due stabilimenti di Gorla Minore e Gallarate, è stata inoltre data la possibilità di convertire una quota del premio di risultato,

Alfatherm di Gorla Minore

Alfatherm: efficienza economica in sicurezza

Parola ai protagonisti. Il primo a raccontare la sua esperienza è Graziano Tolo, Responsabile Risorse Umane di Alfatherm Spa di Gorla Minore, azienda storica del territorio, fondata nel 1963, produttrice di film termoplastici, in particolare in Pvc rigido, semirigido e plastificato. “Abbiamo ripensato ad un premio di risultato, dopo svariati anni in cui lo avevamo abbandonato come soluzione strutturale. E il confronto 37


ECONOMIA

PREMI DI RISULTATO

SKF Seals Italy di Gazzada Schianno

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Credit @Mazzucchelli 1849

e presenza, scala che può ridurre o aumentare fino al 120% il valore del premio. Anche questo sta pagando perché quasi il 75% delle persone, ora, fa tra 0 e 5 giorni di assenza”, spiega Cassataro. Particolarità del Pdr made by Mazzucchelli è l’elemento collaborativo, che prevede l’erogazione da parte dei lavoratori dell’1% del premio, più una stessa quota riproposta dall’azienda, da destinare ad iniziative di solidarietà sociale. “È un momento di grande orgoglio e gratificazione per tutti vedere quanto di concreto è stato realizzato attraverso la nostra donazione ad enti che si occupano, sul territorio, di progetti solidali”, precisa Cassataro, che racconta quanto, all’inizio, non sia stato semplice dare credibilità a questa nuova veste dei Pdr. “Pian piano siamo riusciti a far capire che il premio non doveva essere qualcosa di automatico. L’azienda si trova ad agire in un contesto molto competitivo,

il mondo è cambiato: il rischio era di rimanere legati a qualcosa che non era motivante né gratificante, anzi potenzialmente penalizzante. Lo sforzo più grande è stato far capire ai dipendenti che stavamo progettando un meccanismo che avrebbe misurato quello che ciascuno di loro avrebbe fatto da lì in avanti, un elemento per nulla scontato. Ma la soddisfazione è stata reciproca e negli ultimi anni i risultati sono arrivati”, chiosa il Direttore del Personale della Mazzucchelli 1849.

L.M.P. Fluorcarbon: innovare con l’economia circolare

Da una grande azienda ad una Pmi, fondata nel 1966, che oggi conta 42 dipendenti e si è specializzata nella trasformazione del politetrafluoroetilene (ptfe). L’accordo siglato dalla L.M.P. Fluorcarbon Srl di Taino è tra i più innovativi sul territorio: “È la prima volta che pensiamo ad un premio

di così ampio respiro, 4 anni per l’appunto – espone il Rappresentante Legale, Oscar Spazzini –. Lo abbiamo fatto per garantire stabilità ai nostri lavoratori, creando un’ambiente il più soddisfacente possibile per loro”. Sì, perché in L.M.P. le persone sono fondamentali “nella fase di modernizzazione aziendale, ma non solo – sottolinea Spazzini –. Il lavoro del singolo è alla base, l’automazione può aiutare ma l’uomo conta e conterà sempre. Noi in azienda siamo una sorta di famiglia allargata: il dipendente è una persona con le sue problematiche e bisogna tenerne conto”. Anche coinvolgendolo in progetti innovativi: “Abbiamo deciso di legare il premio di risultato alle fasi di sviluppo di un brevetto e di un progetto di economia circolare: lo scopo è spingere i lavoratori a collaborare, in maniera sempre più fattiva, alla modernizzazione aziendale. Anche attraverso 39


ECONOMIA

PREMI DI RISULTATO progettualità sempre più innovative, come il brevetto di una nuova valvola, che ha visto coinvolta buona parte del personale nella creazione dei prototipi e non solo”, precisa Spazzini. Il progetto di trasformazione del ptfe, invece, prevede il riutilizzo degli scarti plastici attraverso l’impiego della piattaforma di matchmaking LifeM3P, realizzata dall’Unione Industriali varesina nell’ambito di vari progetti dedicati all’economia circolare. “L’accordo ha una serie di parametri che, per gioco, abbiamo voluto legare al mondo nautico, con acronimi, come Meteor, che sta per efficienza ottenuta riciclando. Oppure Sailing, novità gestionale brevetto e Star, sviluppo redditività: l’insieme dei 3 parametri dà il premio di risultato finale, modulato in diverse percentuali negli anni e sviluppato in maniera tale che la parte tradizionale legata all’utile netto societario (pur rimanendo importante) venisse a diminuire per dare più spazio ai parametri innovativi. L’abbiamo fatto per sottolineare l’importanza, nella buona gestione di un’azienda, come in quella di una barca, della collaborazione di tutto l’equipaggio”.

L.M.P. Fluorcarbon di Taino

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Di Seri, Univa: “Parliamo di premi di risultato innovativi. Sono stati recentemente siglati con alcune imprese della zona di Varese, il Sindacato, le Rsu aziendali e l’aiuto di Univa, degli accordi sui premi di risultato basati su parametri spesso non usuali, appunto definibili innovativi, perché legati ancor più strettamente all’andamento dell’azienda”


ECONOMIA

L’IMPACT

di Elmec Francesca Cisotto

Ambientale, ma anche economica e sociale: l’impegno per la sostenibilità dell’azienda informatica di Brunello copre ogni ambito. Sia attraverso politiche di welfare di conciliazione tra lavoro e famiglia a vantaggio dei propri dipendenti, sia con progetti energetici green. Fino alla promozione di una nuova mobilità. Con risultati messi nero su bianco

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iù di 302mila kWh di energia green prodotti, oltre 160mila kg di anidride carbonica risparmiati e un milione di chilometri in macchina evitati attraverso una riorganizzazione degli spostamenti dei dipendenti. Sono alcuni dei numeri che sanno di benessere e di sostenibilità ambientale, che arrivano dalla Elmec Informatica, l’azienda con sede centrale a Brunello, attiva nel settore informatico e in particolare nei servizi IT (Information Technology) gestiti per le aziende. Quelli registrati dall’impresa varesina sono numeri frutto di politiche aziendali, volte alla sostenibilità, al welfare, alla formazione e al reclutamento di nuovi talenti, che le consentono di creare un impatto positivo sulle persone, sull’ambiente e sul mercato. Fondata nel 1971, da Clemente

Ballerio e Cesare Corti, per attività di elaborazione meccanografica, oggi Elmec è una realtà attiva a livello internazionale in oltre 100 Paesi, con 11 sedi tra Italia

e Svizzera, 680 dipendenti e un fatturato che ammonta a 129 milioni di euro. Si occupa di implementare progetti innovativi per migliorare i processi IT delle aziende; dalla fornitura e dai servizi per i device fino alla gestione dei sistemi e alla Cloud Transformation, ma senza dimenticare l’importanza di generare delle ricadute positive, non solo in termini di mercato, ma anche sulle persone, sull’ambiente e più in generale nella società. A tenere traccia di questo impatto positivo e a monitorarne l’andamento è Elmec Impact, il documento con cui l’impresa varesina mette in luce il percorso virtuoso intrapreso in termini di welfare aziendale, formazione per i nuovi talenti e sostenibilità ambientale. Semplicità e fiducia. Questi i principi cardine che guidano la sostenibilità, ambientale, ma anche economica e sociale. “Valori che – sottolinea il Presidente di Elmec Informatica, Rinaldo Ballerio – ispirano il nostro rapporto verso i collaboratori, le realtà del territorio, i clienti e che hanno reso possibile la costruzione di un documento sul nostro rimpatto. Elmec Impact è un’analisi approfondita dei nostri progetti di Corporate Social Responsibility, capace di raccontare, al netto delle certificazioni e

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ECONOMIA

ELMEC

degli standard validi per tutti, la particolarità delle iniziative di Elmec, le aree su cui abbiamo deciso di investire il nostro impegno e quali stakeholder sono coinvolti direttamente o indirettamente nelle differenti aree d’interesse”. Quello di cui parla il Presidente Ballerio, sostanzialmente, è un impatto che arriva da una serie di iniziative sostenibili che talvolta sanno di casa. Basta pensare, ad esempio, al mercatino dell’usato che è stato creato all’interno dell’azienda per invogliare al riuso e alla riduzione degli sprechi, oppure alla Eco Box di raccolta tramite cui, praticamente, tutti gli addetti possono smaltire batterie, lampadine e farmaci, in maniera semplice e gratuita, oltre che sicura. Ma non è tutto. La diffusione di una cultura della sostenibilità e l’ispirazione ai principi dell’economia circolare dell’impresa varesina, si manifestano anche con la casetta dell’acqua a completa disposizione dei dipendenti. Senza dimenticare i distributori “fai da te” da cui è possibile rifornirsi liberamente anche di detersivi ecologici con packaging sostenibili. Politiche ambientali che hanno come perno il benessere degli uomini e delle donne di Elmec, perché, come precisano dall’impresa, “fare welfare aziendale vuol dire mettere le persone al centro dell’azienda: si tratta di offrire ai dipendenti un paniere di 42

servizi che rendano più equilibrato il rapporto tra la vita privata e quella lavorativa e le sedi del campus tecnologico di Brunello ne sono un esempio lampante”. Proprio sulla necessità di far convergere i bisogni di tutti, con uno sguardo volto sempre all’ambiente, si fondano altri progetti di Elmec dalle importanti cifre green: con il progetto Zero Miglia, ad esempio, nel corso del 2021, sono stati risparmiati 1.113.142 km, una somma (calcolata con un contatore apposito) a cui l’impresa è arrivata tramite l’applicazione dello smart working per i propri dipendenti e delle video conferenze in sostituzione alle riunioni in presenza. Mentre per il 2022, tra le diverse iniziative ecosostenibili, prenderà letteralmente piede, o forse meglio dire pedalata, Bike To Work: chi pedalerà fino all’ufficio almeno 50 volte nel corso dell’anno, riceverà un bonus in flexible benefits (l’insieme di beni o servizi che le aziende mettono a disposizione dei dipendenti). Senza dimenticare la sostenibilità energetica dell’intera struttura: le sedi di Elmec sono dotate di impianti fotovoltaici, geotermici e di lampade LED di nuova generazione, che permettono di risparmiare il 50% dell’energia elettrica rispetto alle lampade tradizionali. Più precisamente, tutti gli impianti fotovoltaici presenti nelle sedi del Campus tecnologico

producono mediamente ogni anno 302.500 kWh, contribuendo così a un risparmio di 160.325 kg di anidride carbonica. Grandi numeri che non si fermano all’ambiente: ammonta a 680 persone la forza lavoro di Elmec con un’età media di 34 anni; 84 le nuove risorse che sono entrate in azienda solo nel corso del 2021. Oltre 16mila, invece, le ore di formazione erogate, tra lezioni e-learning e in aula. Un numero destinato a crescere nel corso del 2022. “Ogni anno Elmec Informatica assume molti nuovi collaboratori – precisano dall’azienda –. I percorsi di inserimento sono molteplici e differiscono per titolo di studio, profilo di carriera e livello di expertise. Nello specifico, per i neodiplomati e neolaureati, l’impresa offre la possibilità di vivere un’esperienza professionale attraverso stage e apprendistato, mentre, per le figure middle e senior, sono presenti percorsi di carriera orientati ad una continua maturazione di soft e hard skill”. Tra le iniziative di formazione maggiormente accreditate, lo Start Program, il percorso per accompagnare i nuovi assunti alla scoperta del Gruppo Elmec e l’Hr Talk, un momento di condivisione e confronto che permette di raccogliere importanti feedback da tutti i reparti dell’azienda. elmec.com/csr


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ECONOMIA

la salute

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n provincia di Varese i luoghi di lavoro che promuovono nuovi e più sani stili di vita, migliorando la salute e il benessere dei propri dipendenti, sono oltre 70. I lavoratori coinvolti, più di 22.000. Sono i dati del progetto WHP - Workplace Health Promotion, a confermare, quindi, che le imprese lombarde sono sostenibili per definizione. “Le aziende che aderiscono al Progetto WHP sono realtà che pongono al centro del proprio sviluppo le

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persone e il loro benessere. È una questione sia di sposare valori legati ad una cultura d’impresa moderna, sia di saper interpretare a proprio vantaggio l’evoluzione del sistema finanziario”. Così Silvia Pagani, Direttore dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese, si è espressa in

occasione di un recente evento organizzato per rilanciare l’iniziativa, nata ormai nove anni fa, per volontà di ATS Insubria, Univa e le Organizzazioni Sindacali Cgil, Cisl e Uil del territorio. L’obiettivo del Progetto è quello di fare delle imprese dei luoghi di lavoro più sostenibili, in grado di migliorare la salute delle persone e di promuovere uno stile di vita più sano tra i


dipendenti. Trovando strumenti sempre nuovi. Quest’anno, infatti, il WHP si rinnova, aprendo al mondo delle imprese, sempre più impegnato sul fronte della sostenibilità sociale, nuove opportunità. E lo fa partendo proprio dal Nuovo Manuale Operativo per i luoghi di lavoro che promuovono la salute, redatto da Regione Lombardia. Le aziende che aderiscono al Progetto sono realtà che portano avanti iniziative sui fronti di una più corretta alimentazione; del contrasto al fumo, all’alcolismo, all’uso di sostanze stupefacenti e alla dipendenza da gioco; della promozione dell’attività fisica e del benessere sociale e personale. Fronti sui quali la sensibilità delle imprese varesine è sempre più spiccata. Come dimostra l’esempio di LATI – Industria Termoplastici di Vedano Olona, produttrice di termoplastici tecnici per uso ingegneristico. Realtà che partecipa al programma WHP dal 2014. “Grazie alla collaborazione con ATS Insubria introdurremo alcune novità nella nostra mensa aziendale con un utilizzo innovativo delle tovagliette che riporteranno consigli per uno stile di vita più sano, a cui si affiancano gli snack salutari nei distributori – afferma Monica Parma, HR Specialist Personal Administration and Welfare dell’azienda –. Abbiamo anche una palestra aziendale che offre corsi in presenza e online con adesione libera a costo zero”. L’impresa varesina è impegnata anche sul fronte della responsabilità sociale: “Contribuiamo, ad esempio, alle spese di iscrizione dei figli dei nostri dipendenti ai camp estivi e offriamo la possibilità – continua Parma – di accedere ad un servizio di assistenza per far seguire, mentre si è in smart working, i propri ragazzi nello

svolgimento dei compiti e nelle lezioni di Dad”. Altro esempio è quello della Lavorazione Sistemi Lasi Spa di Gallarate, specializzata negli assemblaggi elettrici, elettronici ed elettromeccanici. Paolo Grillo, Medico Competente dell’azienda, racconta: “La promozione della salute nelle imprese rende il Medico del Lavoro autorevole agli occhi dei lavoratori. Si crea un rapporto più stretto con i dipendenti che iniziano a capire di avere in azienda un medico con cui si può interloquire. Il luogo di lavoro diventa così sempre di più un ambiente umano, oltre che sano”. Lasi aderisce al progetto WHP dal 2018 con una serie di attività: “Esami del sangue per controllare l’esposizione dei dipendenti ai rischi cardiocircolatori; corsi di formazione per il contrasto alle dipendenze da alcol, sostanze stupefacenti e gioco; pap-test gratuiti per le donne; percorsi per agevolare la disassuefazione dal fumo”. L’impatto del WHP è benefico non solo a livello sociale. Ci sono anche diversi vantaggi economici e finanziari per le stesse aziende che vi aderiscono. Come dire: essere sostenibili non solo è giusto, ma conviene anche. “Le aziende che entrano a far parte del WHP, innanzitutto, possono contare su sconti sui premi INAIL – spiega il Direttore di Univa, Silvia Pagani –. E poi hanno la possibilità di costruire una concreta azione di responsabilità sociale d’impresa da spendere sul lato finanziario nell’accesso, da una

parte, a bandi nazionali ed europei e, dall’altra, al credito bancario, grazie alla sempre maggiore predisposizione di Istituzioni e banche a garantire rating migliori nella concessione delle risorse alle aziende che si impegnano sul fronte degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile, in cui il WHP si inquadra alla perfezione”. Secondo Elena Tettamanzi, Direttore Promozione della Salute e Prevenzione Fattori di Rischio Comportamentali di ATS Insubria, “negli ultimi due anni è emerso, ancor più chiaramente, il valore strategico del Programma WHP e l’attenzione di Univa, sempre più attiva a fare da volano alle tante pratiche sviluppate dalle singole realtà”. Ad annunciare le principali novità del Manuale Operativo 2022 è Biagio Principe, della Direzione Regionale INAIL – CONTARP: “Il confronto tra la corrente versione del manuale WHP e il modello di riduzione del tasso medio del premio per prevenzione (OT23) relativo al 2022, ha consentito di individuare la corrispondenza tra alcune delle buone pratiche WHP e alcuni degli interventi previsti nel modello INAIL. Nel Piano Regionale per la Prevenzione 2021-2025 di Regione Lombardia, il programma WHP è indicato come strumento per promuovere l’adozione, da parte di imprese ed enti pubblici, di percorsi per la Responsabilità Sociale e per sviluppare una strategia che deve congiungersi con le linee di azione dell’Agenda di Sostenibilità regionale 2030”. Il nuovo Manuale Operativo “rappresenta una svolta per la promozione di sani stili di vita tra i dipendenti – chiosa Lisa Impagliazzo, Responsabile Promozione della Salute del Dipartimento Igiene e Prevenzione Sanitaria di ATS Insubria –. Il WHP consente, infatti, concretamente, di avviare percorsi per migliorare il benessere del personale”. 45


FORMAZIONE

LA NUOVA GENERAZIONE D’INDUSTRIA PUNTA

sull’inclusività Maria Postiglione

Il cambiamento è inevitabilmente portatore di novità e di differenze. L’inclusione di queste ultime rappresenta un asset fondamentale di competitività, sia per il mondo della scuola, sia per le imprese. Passano da qui le nuove strade per la valorizzazione dei giovani talenti nello studio, così come nel lavoro. Temi su cui, per il tramite di Univa, si apre un confronto tra istituti e aziende

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nclusione e diversità”: questo il titolo e il tema al centro di una serie di incontri organizzati dall’Unione degli Industriali della Provincia di Varese nell’ambito di Generazione d’Industria, il progetto, nato nel 2011 da un protocollo di intesa con Provincia di Varese e Ufficio Scolastico territoriale, con lo scopo di favorire un interscambio culturale tra impresa e scuola, valorizzando il

merito degli studenti. Ed è proprio la valorizzazione dei talenti la tematica centrale dei workshop messi in calendario, concetto su cui sia il mondo della didattica, sia quello produttivo, stanno già lavorando da tempo per promuovere una cultura (per l’appunto) di valorizzazione delle diversità. Obiettivo: far emergere talenti individuali e rinforzare il successo organizzativo.

A raccontare le loro esperienze di inclusività sono due imprese, la BTicino Spa di Varese e la Vector Spa di Castellanza, che questo percorso lo hanno già intrapreso da tempo e hanno, perciò, voluto condividere con gli oltre 25 partecipanti, tra cui colleghi delle imprese partner (Acsa Steel Forgings, Lascor, LATI e PWC Italia), docenti e dirigenti scolastici, quanto


fatto finora. Proprio la composizione dell’aula è uno degli elementi vincenti: imprenditori, dirigenti scolastici, docenti e tutor aziendali, tutti seduti intorno allo stesso tavolo, tutti con un ruolo attivo e collaborativo, guidati da Gloria Bevilacqua, Psicologa e Psicoterapeuta delle organizzazioni. A lei il compito di accompagnare momenti di condivisione, attività laboratoriali e di confronto. Per Monica Parma, HR Specialist della LATI – Industria Termoplastici Spa di Vedano Olona, presente all’incontro, “tornare dopo due anni a condividere in presenza un’attività di formazione è davvero motivante. La professionalità della formatrice ha permesso, fin da subito, la creazione di un ambiente empatico e pronto all’ascolto. Per me si è trattato di un approccio nuovo di condivisione da cui sono nate o meglio fiorite nuove idee. Aggettivo che ho voluto utilizzare di proposito, perché più volte emerso durante l’incontro per approfondire la necessità di mutuare l’esempio della natura di fronte a una società che cambia nel tempo”. Il cambiamento è inevitabilmente portatore di novità e di differenze e la valorizzazione e l’inclusione di queste ultime rappresenta un asset fondamentale per entrambe le realtà, quella scolastica e quella aziendale. Per quanto riguarda le imprese, dare valore all’individuo è alla base di un processo che permette al dipendente di “portare al lavoro la miglior versione di sé”, collaborando, ideando e contribuendo ad aumentare il coinvolgimento, la produttività e i risultati complessivi dell’organizzazione nella quale opera. Un atteggiamento che, tuttavia, necessita di essere coltivato e sviluppato, possibilmente sin dai banchi di scuola, dove oggi l’ambiente è contraddistinto da una complessa e preziosa eterogeneità in cui è possibile esercitare forma mentis, apertura al nuovo e a culture inclusive. Questa apertura all’altro e alla valorizzazione delle peculiarità può aiutare gli studenti

Gloria Bevilacqua, Psicologa e Psicoterapeuta: “Penso alle persone e alle organizzazioni come fossero dei fiori: quando stanno bene sono portate spontaneamente ad espandere le proprie competenze e capacità, innescando letteralmente una fioritura che genera e rigenera, dentro e fuori” all’ingresso nelle realtà organizzative, stimolandoli contestualmente nel fare emergere il proprio talento in un ambiente protetto, in cui ciascuno ha le condizioni necessarie per potersi esprimere al meglio con tutte le caratteristiche personali. Questo processo di apprendimento adeguato al contesto socioeconomico che stiamo vivendo, genera molteplici vantaggi anche dal punto di vista dell’esperienza dei singoli coinvolti: imparare a imparare può generare (e rigenerare) la motivazione, la soddisfazione, l’autostima e la partecipazione propositiva alle attività in cui di volta in volta la persona può inserirsi. Vantaggi di autoefficacia importanti per ogni persona coinvolta,

a prescindere dal ruolo ricoperto da ognuno nel proprio ambito: studente, insegnante o professionista aziendale. “È una formazione che definirei intensa ed emozionante – sostiene Cristina Paris, insegnante dell’Istituto Valceresio di Bisuschio –. Una vera e propria palestra per allenarci a trovare nuove modalità, con gli elementi già a nostra disposizione, per dare maggiore valore alle diversità. Il confronto poi con gli esponenti del mondo aziendale rappresenta un momento importante per favorire la comunicazione tra i nostri due mondi, così da facilitare una preziosa collaborazione di sistema”. Valorizzare le differenze per renderle un punto di forza nel processo di innovazione: questo il filo conduttore. Si tratta di un procedimento che richiede allenamento per favorire la creazione di ambienti di studio e di lavoro inclusivi, eterogenei e protetti, in cui giovani adulti possano esprimere liberamente il proprio talento. A chiosa, l’obiettivo dichiarato di Gloria Bevilacqua: “Penso alle persone e alle organizzazioni come fossero dei fiori: quando stanno bene sono portate spontaneamente ad espandere le proprie competenze e capacità, innescando letteralmente una fioritura che genera e rigenera, dentro e fuori”. E generare e includere è da sempre uno dei tratti distintivi del progetto Generazione d’Industria di Univa che con passione, impegno e la costanza dei protagonisti (imprese e scuole insieme), ha permesso di muovere alcuni importanti passi verso il rilancio di una nuova cultura d’impresa, fondamentale per l’orientamento dei giovani.

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FORMAZIONE

green economy

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C’

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­ Dall’alto, modellino di Federico Mazucca, 3B, Istituto Anna Frank di Varese; due disegni di Marco Moretti, 3B, Istituto Carminati di Lonate Pozzolo


FORMAZIONE

PMI DAY

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­ ­ ¡ ­ ¢ ­ ­

­ £ ¡ £ ¢ £ ¢ ¤ ­ In alto, da sinistra, disegno di Gaia Balbiano, 3B, Istituto Longhi di Saltrio; video di Greta Fantini, 3B, Istituto Galvaligi di Solbiate Arno


UNIVERSITÀ

L’UNIVERSITÀ

sostenibile Alessia Lazzarin

Quest’anno la LIUC – Università Cattaneo di Castellanza taglia un traguardo importante. Sono trascorsi 30 anni da quando gli imprenditori di Univa hanno deciso di dar vita a questo ambizioso progetto di valorizzazione del capitale umano. Il Rettore, Federico Visconti, racconta come si è evoluto nel tempo il rapporto tra impresa e Università. Qual è l’impegno sul fronte della sostenibilità, tema al centro del trentennale. Quali i progetti futuri della LIUC Business School

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bbiamo stilato un Piano che mira a promuovere la sostenibilità in tutte

alla sostenibilità. Un hub di ricerca, formazione e divulgazione sostenibile nei processi aziendali in fase di creazione. Il libro dal titolo “Bilancio di sostenibilità come strumento di rendicontazione aziendale”. Queste alcune delle iniziative più rilevanti portate avanti in questi mesi.

le sue declinazioni: sociale, ambientale ed economica. Puntiamo ad essere un’Università green”. È con queste parole La LIUC che Federico festeggia un Visconti, traguardo Federico Visconti Rettore importante. della LIUC Rettore Visconti, – Università se dovesse Cattaneo di descrivere questi 30 Castellanza, introduce il anni di storia con tre tema al centro del trentennale parole, quali userebbe? dell’ateneo che ricorre quest’anno. Intrapresa, apprendimento e Un semestre interamente dedicato cambiamento. Sono queste le tre

parole chiave che mi sono venute in mente. C’è stata l’intrapresa di fondare e far partire una Università. Un progetto, ricordo, voluto dagli imprenditori dell’Unione degli Industriali della Provincia di Varese. Apprendimento: questi trent’anni sono stati l’occasione per imparare tanto, lungo molteplici dimensioni, attraverso i successi e gli errori. Apprendere è una dimensione costitutiva del buon management. E infine, cambiamento, nella direzione di un progetto universitario, fondato sulla didattica, sulla ricerca e sulla cosiddetta terza missione. Queste tre parole formano un circuito. Sono collegate. Si parte da un’idea, si mettono in campo delle azioni, si impara, si corregge la rotta. L’obiettivo finale è competere con successo in un settore popolato da concorrenti molto bravi. 51


UNIVERISTÀ

3O ANNI DI LIUC

La LIUC è l’Università nata dalle imprese del territorio: un esempio concreto dell’attenzione del sistema industriale varesino per il capitale umano. Come è evoluto il rapporto tra aziende e formazione? Che ruolo interpreta, oggi, la LIUC? Per rispondere a questa domanda faccio riferimento ad una affermazione del Rettore di Harvard di una trentina di anni fa. Parlando ai propri studenti affermava: “Noi possiamo solo insegnarvi ad imparare”. Nella mia visione, la LIUC insegna ad imparare sempre cose nuove, a stare in un mondo in continua evoluzione. Da una parte ci sono le imprese, preziosa fonte di apprendimento. Dall’altra c’è l’Università, che restituisce agli studenti quanto le aziende insegnano. È un meccanismo a due vie che caratterizza la LIUC più di altri Atenei. È una cinghia di trasmissione sempre più efficace, che ci sta dando soddisfazione sia sul piano della ricerca, sia della didattica. La sostenibilità è il tema al centro del trentennale dell’Ateneo. Quale l’impegno su questo fronte? L’impegno di LIUC in materia è intenso già da tempo. Ampio spazio è dedicato agli insegnamenti dei corsi di laurea di Economia e in particolare di Ingegneria. Si fa ricerca e sono stati recentemente pubblicati due libri della Collana di Ateneo, sull’economia circolare e sul bilancio di sostenibilità. L’Ateneo

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aderisce al progetto RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, il network delle Università italiane riconosciute dal MIUR, pubbliche e private, che vogliono impegnarsi sui temi della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale. In tale contesto, è in fase di elaborazione un piano di interventi che mira a promuovere la sostenibilità in tutte le sue declinazioni: sociale, ambientale ed economica. Puntiamo ad essere un’Università sostenibile. Rimaniamo in tema di sostenibilità. Una sfida sicuramente tecnologica, ma anche legata alle competenze. Qual è il gap di conoscenze e skill da colmare? Se parliamo di sostenibilità, mi vengono in mente due parole: accelerazione e confusione. Sicuramente c’è grande fretta da parte delle aziende per raggiungere l’obiettivo della transizione ambientale, considerando anche i target imposti dal Governo e dall’Agenda 2030 dell’Onu. Questa corsa, allo stesso tempo, genera confusione. Spesso la strada da seguire non è lineare, gli standard non sono chiari, le best practice non sono alla portata di tutti. Bisogna continuare ad investire, soprattutto sullo sviluppo di competenze. E la ricerca, scientifica e applicata, deve fare la propria parte, analizzando la realtà e proponendo dei modelli gestionali. Solo così si può ridurre la confusione. O almeno provarci.

“La LIUC insegna ad imparare sempre cose nuove, a stare in un mondo in continua evoluzione. Da una parte ci sono le imprese, preziosa fonte di apprendimento. Dall’altra c’è l’Università, che restituisce agli studenti quanto le aziende insegnano. È un meccanismo a due vie che caratterizza la LIUC più di altri Atenei” Un bilancio delle attività della LIUC Business School? Sono in programma cambiamenti per il futuro? Il bilancio dell’ultimo biennio è buono. I progetti in programma sono stati portati a termine e anche i risultati economici sono positivi. Il ruolo della Business School è strategico perché consente di conoscere “dalla trincea” i problemi delle aziende, di sviluppare modelli per la buona gestione, di trasferire il tutto anche nelle aule universitarie, facendo crescere i nostri studenti. A breve sarà rivisto il piano strategico 2021-25 e le sfide cui metter mano sono tre: rafforzamento del brand, innovazione nei format didattici e cambiamento della struttura gestionale. Si aprono poi delle grandi sfide a livello di contenuti, che valgono anche per l’Università. Solo per citare alcuni filoni su cui investiremo: il business analytics, la transizione digitale, l’health management, l’innovazione. Con un’attenzione di fondo: uscire dai confini delle materie tradizionali e coltivare l’interdisciplinarietà.



SCIENZA & TECNOLOGIA

Produrre energia

RECUPERANDO CALORE Davide Cionfrini

La tecnologia è quella del Ciclo Rankine Organico. Un sistema completamente green che permette alle industrie di recuperare il calore, anche da basse temperature, dal proprio processo produttivo e trasformarlo, per mezzo di una turbina, in energia elettrica. Nel mondo sono tre le maggiori imprese sviluppatrici. Due quelle italiane. Tra queste la Exergy di Olgiate Olona. Know-how made in Italy sostenibile, dunque. Che non gode, però, di alcun incentivo

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iamo arrivati al momento clou, non abbiamo alternative all’indipendenza energetica e abbiamo una emergenza ecologica da affrontare”. È tempo di riconversione. Le recenti parole del Ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ce lo ricordano. Produrre energia così come è stato fino ad ora non è più sostenibile. Sia economicamente, sia a livello ambientale. E, ormai, anche politico. Due le esigenze. Da una parte quella di ridurre le emissioni di anidride carbonica ed agguantare gli ambiziosi obiettivi che l’Europa si pone in termini di decarbonizzazione. Dall’altra, quella di rendersi indipendenti dal gas russo dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina. Ecco perché è sempre più alta l’attenzione per lo sviluppo delle fonti rinnovabili: eolico, fotovoltaico ed idrogeno verde.

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Su questi fronti di impegno “il tempo delle chiacchiere è finito”, ha ribadito non molte settimane fa Cingolani. Giusto, giustissimo. Qualche parola e politica di sostegno in più, però, andrebbero spese anche per altri tipi di tecnologie, tra l’altro prettamente made in Italy, che potrebbero dare un’ulteriore mano alla diversificazione della produzione di energia e sul fronte del miglioramento dell’efficienza energetica nell’industria. Le tecnologie in questione sono quelle che permettono alle imprese di recuperare il calore di scarto dai propri cicli produttivi manifatturieri alimentando turbine in grado di generare energia elettrica per autoconsumo. A riuscirci sono i cosiddetti sistemi a Ciclo Rankine Organico, in inglese Organic Rankine Cycle (Orc). La stessa soluzione, tanto per intenderci, che viene utilizzata per la produzione di energia elettrica dalla geotermia. I principali sviluppatori,

progettatori e produttori di questo tipo di impianti sono solo tre al mondo. Due italiani, con competenze sia nella geotermia che nel recupero di calore industriale ed uno israeliano focalizzato sui grandi impianti geotermici. Tra questi, l’impresa Exergy International Srl di Olgiate Olona. I sistemi di Exergy possono essere installati in tutte quelle industrie che, nelle loro fasi produttive, creano calore, il quale, non essendo utilizzato viene disperso nell’ambiente. Aziende di produzione del cemento, dell’acciaio, del vetro, chimiche e petrolchimiche, solo per fare degli esempi. Tale calore, invece di essere disperso nell’ambiente, viene recuperato e incanalato per far funzionare una turbina che l’azienda di Olgiate Olona ha sviluppato e immesso sul mercato nel 2010: la Radial Outflow Turbine. La sua particolarità è


quella di poter produrre energia elettrica per l’azienda che la installa utilizzando calore a temperature non particolarmente elevate, a partire da 90 gradi. Il tutto senza alcun consumo di acqua e contribuendo ad abbattere le emissioni di anidride carbonica. Energia pulita, dunque, non intermittente, a differenza di eolico e solare, per questo molto efficiente e sostenibile sia economicamente, sia a livello ambientale. “Parliamo di una tecnologia già matura, con risultati comprovati grazie alla realizzazione di molti impianti oggi attivi nel mondo. Una soluzione che può avere un impatto diretto e immediato sulla riduzione dell’impronta carbonica delle attività produttive e, al contempo, migliorare l’efficienza energetica, riducendo la domanda di energia convenzionale prodotta attraverso le fonti fossili”, spiega Luca Pozzoni, Chief Financial Officer di Exergy. Come detto, questa tecnologia, può essere applicata sia in campo geotermico, sia nel recupero del calore delle industrie manifatturiere. Exergy, ex Gruppo Maccaferri e dal 2019 controllata da Tica Group con sede a Nanchino, in Cina, conta oggi nel proprio portafoglio 58 impianti per oltre 500 Megawatt di potenza

elettrica installata o in costruzione e la seconda più grande flotta geotermica binaria al mondo. Nello specifico settore del recupero di calore da stabilimenti industriali, invece, vanta 22 impianti nei comparti del cemento, vetro e acciaio. “Nel 95% dei casi – spiega Luca Pozzoni – si tratta di lavori che abbiamo appaltati all’estero”. I mercati più in espansione sono Turchia e Asia (Indonesia e Filippine in testa). Ma anche Nord e Sud America ed Africa. In leggero ritardo l’Europa. Exergy, però, non è profeta in patria. Poche le commesse in Italia, dove tra le più recenti implementazioni di Exergy si conta quella effettuata alla CementiRossi Spa in provincia di Treviso. “Il problema – continua Pozzoni – è che il nostro Paese spinge poco su questa tecnologia. Le industrie che decidono di investire su questo fronte ed autoprodurre energia elettrica con il proprio calore grazie ai sistemi Rankine a fluido organico (Orc) non possono contare su alcun incentivo da parte del Governo nella fase di sostegno all’investimento. Eppure, avremmo il triplo vantaggio: aiutare la nostra industria nella transizione ecologica, contribuire a creare i presupposti

per una indipendenza energetica del Paese e sostenere, a differenza di altri incentivi introdotti in passato, una tecnologia green made in Italy”. Con una forte presenza, tra l’altro, sul territorio varesino grazie proprio ad Exergy, azienda di 69 dipendenti, che ha sviluppato nel tempo anche una supply chain locale. I ritorni che le imprese avrebbero da un sostegno sottoforma di crediti d’imposta, sarebbero diversi, non ultimi economici. “Gli impianti per il recupero di calore di scarto si rivelano vantaggiosi non solo per abbattere le emissioni inquinanti in atmosfera ma anche per i benefici sui bilanci di quelle industrie che decidono di implementarli nei propri stabilimenti”, chiosa il Cfo di Exergy. Un esempio è quello che avviene in un cementificio dove i costi energetici, già prima dell’attuale crisi, pesavano per il 25% e che grazie al recupero di calore e l’autoproduzione di energia elettrica potrebbe aumentare l’Ebitda dal 10 al 15%, con vantaggi che si accrescono più le attuali tensioni sui mercati energetici tradizionali andranno ad acuirsi. Un sistema Orc come quello di Exergy, inoltre, può arrivare a sostenere fino al 30% della richiesta di energia di un processo produttivo.

Impianto geotermico di Pico Alto (Azzorre); a destra, turbina Exergy

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RUBRICHE SU

LUOGHI E BELLEZZA

TERRITORIO

ARTE

La funivia della bellezza

La civiltà delle palafitte

TERRITORIO

GITA A...

TerraLUNA contro l’autismo

Alle radici del Liberty


TERRITORIO

LA FUNIVIA

della bellezza Alberto Bortoluzzi

Una terrazza panoramica in cui rilassarsi, un albergo da cui ammirare di notte le luci del lago, un bar e un ristorante in cui gustare piatti tipici della tradizione culinaria lacustre, un punto di partenza per escursioni a piedi, in bicicletta oppure, per i più coraggiosi, in deltaplano e parapendio: l’impianto di risalita che dal centro di Laveno Mombello porta in cima al monte Sasso del Ferro è come la porta di un caveau che custodisce un tesoro naturalistico dalle mille opportunità

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mmaginate una tiepida giornata primaverile a mille metri di altitudine, lontani dai rumori della città, di fronte a voi la meravigliosa catena del Monte Rosa. Se abbassate lo sguardo, invece, vi appariranno in tutta la loro bellezza il Lago Maggiore, le Isole Borromee e persino la sponda piemontese del lago. A destra potrete scorgere, in lontananza, la Svizzera. E ancora, alla vostra sinistra il Lago di Monate e, se la giornata è particolarmente limpida, forse potreste persino ammirare la città di Milano. Vi starete chiedendo se esista davvero un luogo così, da cui poter godere di una simile vista a 360 gradi. Certo che esiste e non è neppure lontano da Varese: basta arrivare a Laveno Mombello, superare il centro abitato in direzione Luino e, quando la strada inizia a salire, prendere a destra per via Tinelli. Dopo una cinquantina di metri troverete la stazione della funivia, che al costo di 10 euro andata e ritorno, vi condurrà su in alto, oltre le nuvole, ad apprezzare un panorama ineguagliabile. L’impianto di risalita a fune di Laveno porta, in una decina di minuti circa, verso la vetta del monte Sasso del Ferro raggiungendo la località “Pizzone”, impropriamente rinominata “Poggio Sant’Elsa” (nome della moglie del primo costruttore, un imprenditore di Legnano). Alla partenza sarà possibile scegliere se salire fino in cima all’aperto o al chiuso con una bidonvia biposto. Dopo appena (si fa per dire) un chilometro e mezzo di

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Vista su Laveno Mombello e sul Lago Maggiore


salita dolce, con un dislivello di circa 700 metri, arriverete a destinazione: ad accogliervi, un albergo, un bar e un ristorante con terrazza panoramica e, ovviamente, una vista da mozzare il fiato. Se siete amanti del trekking, potrete partire alla volta di meravigliose passeggiate più o meno lunghe, con diversi gradi di difficoltà. Sono infatti svariati i sentieri montani che partono dal Sasso del Ferro, anche per gli amanti della mountain bike, che potranno esplorare diverse escursioni in bicicletta (si consigliano biciclette Downhill, perché i sentieri a volte possono risultare particolarmente irregolari). Ma non è finita qui. Gli appassionati degli sport aerei, infatti, in cima alla funivia di Laveno Mombello possono trovare pane per i propri denti: è dal 1975 che la cittadina varesina è diventata patria Europea del Volo Libero, grazie alle piattaforme di lancio da cui partono le discese di deltaplani e parapendii, che sfruttano le correnti termiche favorevoli che a certe altitudini di certo non mancano.

Ma non solo sport e attività fisica, se invece lo scopo della visita in cima alla vetta del monte Sasso del Ferro è semplicemente il relax, anche in compagnia di bambini, è possibile trovare nell’area attrezzata sotto al ristorante il luogo perfetto in cui far giocare i più piccoli, mentre i grandi potranno godersi un po’ di sole, in attesa di gustare un bel pranzo della cucina tradizionale lacustre e non solo. A raccontare qualcosa in più sulla storia della funivia di Laveno è Paola Mattioni, che con il figlio Giampaolo e la nuora Alessia, si occupa della gestione dell’Albergo Ristorante Funivia. “Correvano gli anni ‘60, quando l’imprenditore

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TERRITORIO

FUNIVIA DI LAVENO

Veduta del Bar-Albergo. Sotto, stanze dell’albergo affrescate e Paola Mattioni con Alessia (nuora) e Riccardo (dipendente)

Mario Bianchi ebbe l’idea di realizzare un impianto di risalita. I lavori iniziarono di lì a poco e nell’aprile nel 1963 l’impianto fu inaugurato – spiega Mattioni –. Per alcune difficoltà economiche, tuttavia, Bianchi decise di chiudere l’attività e si cercò, perciò, qualcuno che potesse prendere le redini di questo progetto”. E a chi toccò questo compito? “Il parroco del paese, conoscendo la grande passione di mio padre Giampaolo Mattioni e di mio zio Paolo Rossi per la montagna, chiese loro se per caso non fossero interessati a rilevare quella attività. È così che ha avuto inizio la nostra avventura”, racconta ancora Paola Mattioni. In sintesi, nel 1965 la società Rossi & Mattioni di Gemonio subentrò nella gestione dell’impianto e in quegli anni Mattioni decise di aprire il piccolo comprensorio sciistico sul Sasso del Ferro, composto da una manovia e da una sciovia, dove si svolsero i “Giochi delle Gioventù” a livello provinciale nel 1974. “Quasi tutti i bambini della zona hanno imparato a sciare su quella pista lunga un chilometro: pensate che ci hanno perfino organizzato un ‘Trofeo Topolino’ ed è nata anche la scuola da sci Cuvignone, che tutt’ora esiste. Poi purtroppo di neve non ce ne è stata più e la pista è stata chiusa”, precisa la figlia di Mattioni. Insieme alla pista da sci è stato costruito l’Albergo oggi tre stelle, che conta 18 camere, 60 posti letto e 500 posti a sedere nelle due sale interne ed esterne, dove è possibile organizzare convegni e persino matrimoni. Meta turistica che registra una significativa presenza di ospiti stranieri, la funivia che dal centro di Laveno porta a Poggio Sant’Elsa trasporta ogni anno molti passeggeri. “C’è una distinzione da fare: nel periodo pre-Covid superavamo i 70.000 visitatori annui, poi c’è stato un forte decremento dovuto anche all’incidente del Mottarone – spiega Paola Mattioni –. Stiamo pian piando tornando a pieno regime, e anzi, abbiamo acquisito una maggiore frequentazione anche

L’impianto di risalita a fune di Laveno porta, in una decina di minuti circa, verso la vetta del monte Sasso del Ferro raggiungendo la località “Pizzone”, impropriamente rinominata “Poggio Sant’Elsa” 60


da parte dei visitatori italiani. La nostra clientela è per la maggior parte composta da stranieri, circa il 60-70%, che rimangono sempre incantati dal paesaggio e dalla quiete che possono godersi quassù”. È ormai tempo di scendere a valle, ma non prima di fare un’ultima domanda: gli altri soci del ramo Rossi, di cosa si occupano? “Bruno Rossi e Marino Rossi, figli di mio zio Paolo, seguono rispettivamente il discorso legato alla gestione della funivia e della parte amministrativa della società”. Ed è proprio a Bruno, che ha una attività a Cocquio Trevisago, che sulla via del ritorno chiediamo di raccontarci qualcosa di più su come si gestisce una funivia.

“La vita tecnica di una funivia è di 40 anni, dopo di che, stando alla normativa, l’impianto va rifatto totalmente: è quello che è successo a noi nel 2004. Essendo i costi di rifacimento molto alti, oltre al nostro investimento, abbiamo avuto la fortuna di poter beneficiare di un bando regionale che ha coperto i costi del 35%. Per la restante cifra, abbiamo potuto contare anche sul sostegno della Provincia di Varese, del Comune di Laveno Mombello e della Comunità Montana delle Valli del Verbano. Il costo totale di ristrutturazione è stato di 2.215.000 euro, che sono serviti per mettere a norma l’impianto e rimetterlo in funzione nel marzo del 2006”, racconta Bruno Rossi. In cosa consistono i controlli di una funivia? “A parte le strutture in cemento armato, viene controllata annualmente la fune di trazione, tutta la componentistica e l’impianto di frenatura. Ogni due anni questi controlli vengono fatti alla presenza di un funzionario del Ministero e ogni 5 anni viene fatta una revisione speciale. Per noi la sicurezza viene prima di tutto, ci teniamo che la nostra clientela possa utilizzare il nostro impianto senza avere alcuna preoccupazione”, conclude Rossi.


TERRITORIO

CONTRO L’AUTISMO SCENDE IN CAMPO

TerraLUNA Chiara Mazzetti

In Italia si stima che 1 bambino su 77 soffra di un Disturbo dello Spettro Autistico. Per cercare di far fronte alla crescente richiesta di aiuto da parte delle famiglie della provincia di Varese, è nato il progetto di Fondazione Bellora per la creazione a Gallarate di un polo di riferimento a livello nazionale nella presa in carico dell’autismo a 360 gradi

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am different, not less”, usava dire Temple Grandin, professoressa della Colorado State University, tra le più famose personalità con diagnosi di autismo. In altre parole: “Sono diversa, non mi manca qualcosa”. Un messaggio semplice, ma per nulla scontato se si tratta di Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). Una condizione che in Italia colpisce 1 bambino su 77, tra i 7 e i 9 anni, stima effettuata nell’ambito del “Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico”, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute. Ma cosa si intende quando si parla di autismo? Si tratta di disturbi cronici ed eterogenei del neurosviluppo,

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che accompagnano chi ne soffre per tutto l’arco della vita, richiedendo interventi multispecialistici e multidisciplinari. Con una sempre più crescente domanda di aiuto da parte delle famiglie di bambini con diagnosi di autismo e una sempre più evidente difficoltà dei servizi sanitari nel fronteggiarne le necessità, in provincia di Varese, è nato il Progetto Autismo. Un’unione a dir poco efficace tra l’Ente Pubblico, rappresentato da UONPIA, l’Unità Operativa di NeuroPsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza Distretto gallaratese e il privato sociale, ovvero Fondazione Bellora Onlus di Gallarate, realtà che gestisce due Residenze Sanitarie per Anziani e un Centro Diurno Integrato. “Stiamo realizzando un progetto sperimentale con una grande missione: prendersi cura di tutti gli aspetti dello sviluppo evolutivo dei bambini con ASD, dalla tenera età, all’inserimento nel mondo del lavoro, fino all’età adulta. Speriamo di poter proseguire, continuando la proficua collaborazione instaurata con il settore pubblico. Invito chiunque a toccare con mano quello che stiamo realizzando: ne rimarrete entusiasti, come lo siamo noi”, commenta Enrico Colombo, Presidente di Fondazione Bellora.


TerraLUNA è dare risposta a tutte le richieste di bisogno. La struttura può ospitare fino a 250 tra bambini, ragazzi e adolescenti”. Ed è proprio a quest’ultimi che è rivolto uno speciale progetto per l’inserimento nel mondo del lavoro, realizzato in collaborazione con la Provincia di Varese, l’Enaip di Busto Arsizio e la società Ristorazione Oggi. In pratica, attraverso lo strumento delle isole formative, adolescenti con disabilità possono iniziare un percorso in azienda, tramite tirocinio, per poi entrare a far parte dell’organico come quota delle assunzioni obbligatorie. Altra opportunità di lavoro per ragazzi autistici (in tutto saranno 7/8 quelli che troveranno impiego nel centro TerraLUNA), arriverà da due strutture che nasceranno nel seminterrato dell’ex Bonomelli: un centro cottura che servirà i pasti alle due Rsa di Fondazione Bellora e a tutto il territorio e un ristoranteCon lo scopo di offrire ai bambini e ai loro familiari un unico interlocutore pizzeria, pensato per un progetto di ristorazione al quale affidarsi per un percorso di cura che consenta di raggiungere solidale che vada a rifornirsi di materie prime a significativi livelli di autonomia, Fondazione Bellora ha avviato nel 2019 la km0. “Sia il bar che il ristorante saranno aperti ristrutturazione dello stabile dell’ex Istituto scolastico Bonomelli di Gallarate, alla comunità in un’ottica di inclusività totale. Il un edificio di 5 piani comprendente una superficie complessiva di circa nostro intento è quello di creare un luogo aperto 8mila metri quadrati incluso il terreno antistante allo stabile, che verrà al territorio, dove poter entrare e condividere gradualmente trasformato nel centro TerraLUNA, uno spazio polifunzionale questo mondo: come la Luna, l’autismo è infatti candidato a diventare punto di riferimento nazionale nella presa in carico dell’autismo a 360 gradi. “Grazie al finanziamento di 1 milione di euro da parte un mondo misterioso tutto da conoscere e scoprire”, spiega ancora Vanna Barca. di Regione Lombardia e di 500mila euro da parte di Fondazione Cariplo Il primo piano dello stabile, invece, sarà dedicato siamo partiti con il rifacimento del piano rialzato – spiega Vanna Barca, a laboratori e a luoghi di aggregazione sociale. Direttrice di Fondazione Bellora –, ma l’avvento del Coronavirus ha dato una Al secondo e al terzo piano nasceranno alloggi seria rallentata ai lavori. La previsione è di terminare la ristrutturazione di in cui i ragazzi potranno imparare ad essere questo piano, su cui già stiamo lavorando, entro il mese di maggio 2022 e autonomi e al “dopo di noi”. La struttura sarà del seminterrato entro la fine dell’anno. Intanto una prima parte del progetto, totalmente dedicata all’autismo. In sintesi, un chiamata “Interreg Autismo”, si è già concretizzata grazie ai finanziamenti progetto di ampio respiro e responsabilità del programma Interreg Italia-Svizzera, bando europeo vinto da Fondazione sociale, che ha però bisogno di un aiuto, anche Bellora. “Grazie a questi fondi – prosegue Barca – è stato possibile iniziare grazie alla generosità di chi vorrà contribuire, l’attività di cura dei bambini all’interno della cappella San Giuseppe, concessa in comodato d’uso gratuito dalla Curia di Milano alla nostra Fondazione. Grazie per essere completato. anche al sostegno dell’Impresa Sociale ‘I bambini delle fate’ e del Rotary, la cappella gallaratese è diventata uno spazio multifunzionale nel quale abbiamo accolto 30 bambini”. Ora però la seconda parte del progetto, che prevede l’apertura del centro TerraLUNA, sta entrando nel vivo. Al piano rialzato, circa 1.000 metri quadrati, sono stati realizzati 17 spazi di cura e ambulatori, una sala per l’accoglienza, una sala riunione, una per la formazione e un bar, che verrà gestito da ragazzi È possibile partecipare a questa autistici. Al termine dei lavori di ristrutturazione di questi spazi, i 30 bambini importante progettualità con una che ora sono seguiti nella chiesetta di San Giuseppe verranno spostati donazione, specificando nella causale proprio lì. Ma come è stato possibile prendersi cura di così tanti bimbi? “Progetto TerraLUNA”, a queste “Grazie ai fondi del progetto Interreg, utilizzabili fino a fine anno, abbiamo coordinate: potuto applicare la terapia cognitivo-comportamentale ai ragazzi che la IT50X0306909606100000154842. necessitano, in maniera del tutto gratuita. E questo perché l’80% del costo Per maggiori informazioni è possibile delle cure viene sostenuto dai fondi stanziati da Interreg e il restante 20% da consultare il sito www.autismobellora. Fondazione Bellora – precisa Barca –. Tutti i bambini che abbiamo preso in org oppure scrivere a carico arrivano dalla lista d’attesa UONPIA: lo scopo della nascita del centro direazione@fondazionebellora.it 63


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GIAPPONE Disegno e design Dai libri illustrati Meiji ai manifesti d’arte contemporanea ­ ­


ARTE

LA CIVILTÀ DELLE PALAFITTE

e l’IsolinoVirginia Luisa Negri

A Villa Mirabello a Varese, un tuffo nel passato e nell’acqua dolce, attorno al Patrimonio Unesco. Un racconto, fatto di immagini, video e reperti artigianali, della storia e della geografia del territorio lacustre varesino dal 5.600 al 900 a.C.

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onoscere il proprio territorio è fondamentale per chi vuole accostarsi da subito alla realtà che ci circonda e appartiene, magari da generazioni. È compito anche della scuola trovare i mezzi migliori per avviare, fin da bambini, i futuri cittadini del mondo alla conoscenza della storia e della geografia che hanno caratterizzato il cammino e le tipicità dei luoghi in cui si nasce. E spesso sono i musei a raccontare per primi la magia del nostro mondo. La terra varesina molto deve a un uomo che ha massimamente contribuito alla nascita e allo sviluppo di un museo archeologico di raro interesse. Il personaggio era Luigi Borri (1846-1920), insegnante e pedagogo, appassionato di teatro e di musica, ma soprattutto di storia locale, autore di fondamentali opere dedicate al territorio e primo direttore del Museo Patrio fondato nel 1871. Il museo Archeologico di Villa Mirabello, noto in ambito internazionale per la preziosità dei suoi reperti e dei siti di provenienza, che sono parte del Patrimonio Unesco, può dirsi quindi una sua creatura. Anche se il Borri non fece in tempo a vedere accolte in quelle sale, dove confluirono documenti e reperti del primo, il frutto di tanta ricerca e lavoro. Protetto e accresciuto nel tempo, attraverso l’esperienza e la competenza di chi se ne è occupato (dopo Borri, Mario Bertolone, Daria Banchieri e altri) è oggi nucleo primigenio e fondamentale del percorso museale varesino. Un tesoro che è orgoglio, vera e propria perla del territorio. Sul quale è bene puntare dato che la ricchezza del Paese, il nostro petrolio, è proprio il turismo. E la città di Varese ha, dalla sua, caratteristiche e tipicità che la rendono un luogo clou del turismo.

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Dallo scorso anno e fino al 4 settembre 2022, ospita nelle sale della bella villa, già Litta Modignani, una mostra del Comune di Varese, da ritenersi esemplare per come si possano raccontare la storia e la geografia del territorio. Il titolo dell’evento “La civiltà delle palafitte, l’Isolino Virginia e i laghi varesini tra 5.600 e 900 a.C.” segnala già la natura del sito in oggetto, il più antico dell’arco prealpino, che lo scorso anno ha celebrato il decimo anniversario dell’inserimento nel Sito transnazionale Unesco “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino”. La rassegna, realizzata in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Como, Lecco, Monza e Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, ha il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Lombardia e della Camera di Commercio di Varese. La necessità di rappresentare e comunicare la realtà di un momento e di un mondo tanto complesso ha portato le due curatrici, Daniela Locatelli e Barbara


Recupero campione di palo presso l’Isolino Virginia. A sinistra, ascia in bronzo

Cermesoni e il Direttore dei Musei Civici Daniele Cassinelli, a farne un appuntamento di eccellenza: per chiarezza e concretezza del racconto e per la capacità di avvicinare i visitatori, particolarmente i più giovani. Offrendo alla scuola un interessante percorso di approfondimento, giocato anche sull’aspetto del divertimento, attraverso l’interattività, che si avvale di video, di grandi pannelli touch con informazioni e ricostruzioni degli ambienti abitativi e lavorativi del tempo, realizzati da Cristiano Brandolini. “Un ambiente in continua trasformazione” La mostra si sviluppa in sette sezioni. La prima sala, immersiva, dedicata a “un ambiente in continua trasformazione” offre la visione di un filmato spettacolare che riproduce le trasformazioni morfologiche e ambientali dal Neolitico all’età del Bronzo. Le mutazioni climatiche e l’intervento dell’uomo con la pratica agricola concorsero insieme nel tempo a quelle scelte di vita legate a un clima e ad attività che ancora sono osservabili, anche se in minima parte, attorno al lago e al suo gioiello, l’Isolino. Proprietà un tempo di nobili famiglie, i Litta prima e gli industriali tessili Ponti poi, è oggi sede di ricerche che continuano nel tempo ma anche di un altro segmento del percorso museale cittadino, che può essere visitato raggiungendo il sito grazie a un servizio di collegamento via lago, con partenza da Biandronno. “Si innalzano piattaforme di legno fissate sopra lunghi pali” Un titolo che omaggia Erodoto introduce poi alla seconda sezione dedicata

alla costruzione delle palafitte. Un filmato, accompagnato dai rumori dell’acqua e dal respiro dei sommozzatori, mostra gli studiosi mentre osservano e raccolgono nel lago varesino piccoli elementi di parti di appoggio delle palafitte, che venivano realizzate con canne di bambù, fissate saldamente nel terreno, usando tecniche di rafforzamento alla base. “Molte reliquie si scopersero di quelle genti che prime abitarono questa nostra” Un omaggio allo studioso Camillo Marinoni consente l’osservazione diretta di oggetti ritrovati all’Isolino: sono ami da pesca, armille e piccoli gioielli, punte di giavellotti, acciarini, oggetti della quotidianità, custoditi in preziose bacheche, a testimonianza della vita dei nostri antenati. Grande attenzione va all’ascia, strumento fondamentale per il disboscamento e per la realizzazione delle abitazioni palafitticole, che è presente in diversi esemplari rinvenuti nel sito Unesco varesino. 73


ARTE

LA CIVILTÀ DELLE PALAFITTE

“Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” La quarta sala sul Sito seriale Unesco offre una panoramica dei tanti siti palafitticoli preistorici legati all’arco alpino. Attraverso un pannello interattivo, a richiesta touch del visitatore, si possono avere le necessarie informazioni, verbali e visive, con immagini e fotografie, anche dei ritrovamenti, che riguardano ciascuna località segnalata. “Guarda i giovenchi riportano gli aratri sospesi al giogo” (Virgilio) Siamo al passaggio da un’attività di caccia e pesca all’agricoltura e all’allevamento. Iniziano da qui anche le prime trasformazioni ambientali dettate dal nuovo modo di vivere dell’uomo, che condizionerà sempre più nel tempo il nostro territorio, fino agli esiti negativi dei Indagini subacquee condotte dalla Soprintendenza e dal Comune di Varese all’Isolino Virginia nel 2021. Sotto, veduta aerea dell’Isolino. Sopra, vaso “a fruttiera”

giorni nostri e ben lo sappiamo. “Villaggio della civiltà del bronzo” La sesta sala propone la ricostruzione di ambienti del periodo: le abitazioni, ma anche i luoghi che raccontano le diverse attività lavorative, quelle agricole e le artigianali, adibite alla fabbricazione della ceramica o alla lavorazione dei metalli. Né manca la rappresentazione di riti di propiziazione alle divinità, cui venivano fatte offerte, anche di spade bronzee immerse nell’acqua, come quella presente nel relativo allestimento. “Il ripostiglio della Malpensa” Nell’ultima delle sale, infine, c’è un prezioso e davvero unico tesoro archeologico, con reperti provenienti dal territorio limitrofo a Malpensa (Somma Lombardo). Che racconta, per la prima volta nella sua completezza, un mondo nuovo, preludio alla Civiltà di Golasecca. Si tratta forse dei ritrovamenti di una tomba, quelli di un importante personaggio, probabilmente un guerriero, del quale è stato ricostruito in toto l’elmo. Accanto al reperto della copertura facciale guerresca, in parte andata perduta, è la perfetta ricostruzione di come si presentava in origine. E ancora sono schinieri, punte di lancia, falcetti, asce, elementi di ornamento. Il museo di Sesto Calende per approfondire Se qualcuno volesse approfondire, potrebbe trovare altre testimonianze relative ai nostri siti archeologici, non solo nel percorso museale che si snoda nelle sale superiori della villa, ma anche nel bel museo di Sesto Calende, dove sono, tra i tanti corredi tombali della civiltà di Golasecca, altre tombe di guerrieri.

La Civiltà delle palafitte Museo Civico Archeologico di Villa Mirabello, Musei Civici di Varese Piazza della Motta 4, Varese Da martedì a domenica dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00

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Alle radici del Liberty

NELLA VALLE DEL LANZA Alessandra Favaro

Il sentiero, che porta dalla città di Malnate fino a Mendrisio, in Svizzera, custodisce molte sorprese e storie legate al nostro passato: dalle Cave di Molera, utilizzata per la decorazione di ville e chiese, fino ad arrivare al bucolico Mulino del Trotto

Le Cave di Molera

Dopo poco tempo si raggiungono le Cave di Molera. Il sistema naturalistico delle Cave è un’oasi protetta situata nei comuni di Malnate e Cagno, all’interno del Parco Valle del Lanza. Si estende per 165 ettari ed è Monumento Naturale dal 2015. L’oasi è stata istituita per conservare e proteggere gli affioramenti e l’ecosistema che circondano le antiche Cave, da cui per secoli è stata estratta e lavorata una pietra arenaria na passeggiata di 17 chilometri tra boschi e ferrovie grigia con striature azzurrognole e giallastre, abbandonate, cave di pietra e luoghi imperniati di leggende: detta appunto “molera”. è l’incredibile itinerario che porta dalla città di Malnate fino La molera è stata per secoli impiegata nella alla Svizzera, a Mendrisio, totalmente percorribile in bici o realizzazione di elementi decorativi di ville e a piedi. La parte più spettacolare del percorso è proprio in chiese, quali capitelli, stemmi e stipiti. Grazie alla territorio varesino, che attraversa il Parco della Valle del Lanza e arriva fino naturale colorazione verso l’azzurro e il giallo, a Valmorea, in provincia di Como, seguendo l’antica ferrovia oggi in disuso. fu molto usata per creare decorazioni floreali I lati positivi per decidere di percorrere questo cammino sono numerosi e durante l’epoca Liberty che ha caratterizzato soprattutto a basso impatto ambientale. Si può, infatti, raggiungere Malnate in molte antiche architetture varesine. In questa treno, scendere a piedi fino alla Folla di Malnate dove inizia il percorso e poi parte del territorio si sviluppò, infatti, fin dal prendere il treno da Mendrisio per tornare indietro, cambiando a Varese. tredicesimo secolo l’attività di estrazione dell’arenaria sfruttando gli affioramenti sui Paesaggi magici fianchi della valle. Profonde cavità, le grotte, L’itinerario si può anche svolgere in circuiti ad anello. Partendo dalla Folla e, testimoniano l’attività estrattiva praticata fino al una volta arrivati a Valmorea, tornare indietro passando da Rodero e Ligurno, diciannovesimo secolo. paesi di confine con tanti angoli interessanti e poco conosciuti. Il punto di Oggi le Cave non sono accessibili per motivi di partenza è sempre lo stesso ed è ben indicato: si trova in località Folla di sicurezza. Il divieto è ben segnalato, ma sono Malnate e cambia scenari velocemente, non annoiando mai né le gambe né talmente grandi e diffuse che anche da fuori lo sguardo. Si comincia costeggiando il piccolo fiume Lanza, immersi in un è possibile ammirarle e scorgere i loro spazi paesaggio che si snoda tra boschi e acqua, conche e prati. interni con scale scolpite nella pietra, muri

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lisci, persino qualche stagno e fiore che nascono tra le rocce. Si trovano sulla destra per chi arriva da Malnate e sono ben segnalate. Nell’ecosistema circostante è possibile avvistare esemplari di cervi e cinghiali e proprio all’interno delle aree umide delle Cave vivono nuclei di rane e salamandre.

Il “buco della Strega”

Un’altra deviazione la merita il “buco della Strega”: una piccola grotta di gonfolite dalla quale sgorga una sorgente d’acqua. Si può raggiungere una volta trovata l’indicazione e risalite le scale di legno e terra che portano alla cavità. In effetti, anche in pieno giorno, sembra di imbattersi

in un luogo “stregato” dove la luce non riesce a penetrare nella cavità. Ma curiosando bene, riesce persino a strappare un sorriso: al suo interno ci sono infatti piccoli omaggi donati dai passanti, come statuine sacre e qualche fiore.

Il Mulino del Trotto

Una delle tappe più amate del sentiero è l’arrivo al Molino del Trotto, nel territorio

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VALLE DEL LANZA

di Cagno. Un paesaggio bucolico con casette e lo storico mulino, che funzionava alimentando sei macine con tre ruote, tutte visibili ancora oggi, alimentate da una roggia derivata dal fiume Lanza. Le prime testimonianze della sua esistenza risalgono al 1592. Qui nacque nel 1912 anche Felice Mina, uno dei maggiori scultori figurativi del Novecento e candidato, tra l’altro, all’Ambrogino d’Oro milanese nel 2016. Tra le sue opere, si ricordano il crocifisso portato da Papa Paolo VI nelle Filippine e la medaglia commemorativa della Nasa portata dall’Apollo VIII nella prima circumnavigazione della Luna. A ricordo della sua attività artistica è possibile ancora ammirare, sui muri attorno al mulino, alcune sue opere. Una cascina, presente in questo piccolo villaggio, sarà restaurata per diventare uno spazio che ospiterà mostre d’arte e servirà da punto informativo per i sentieri circostanti.

La Frontiera

Si prosegue seguendo l’antica ferrovia che arriva ad attraversare strette mura di pietra nera, il Canyon del Lanza, dopo il quale si arriva in Svizzera. La frontiera è segnata da alcuni cartelli, un cancello e un piccolo passaggio pedonale. Il primo paese svizzero che si incontra è Stabio. La passeggiata qui è meno in natura e più in centri abitati e paesaggi di campagna. Il posto giusto per ricaricare le pile prima di raggiungere Mendrisio e poi tornare indietro. Da qui, partono anche moltissimi altri sentieri che portano a Rodero e Cantello oppure che salgono fino al passo del Bizzarone, amato soprattutto dagli appassionati di mountain bike.

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Una nuova ciclabile per la mobilità sostenibile È già possibile osservare, passeggiando per il Sentiero Valle del Lanza, l’inizio dei lavori di quella che sarà la futura ciclabile della zona. Il nuovo collegamento tra la provincia di Varese e il Cantone Ticino in Svizzera si chiama Ti Ciclo Via ed è un progetto di cooperazione transfrontaliera. L’obiettivo è proprio quello di sviluppare un’offerta di mobilità ciclistica e integrata ai trasporti pubblici con la realizzazione, da Malnate al valico del Gaggiolo, di una ciclovia internazionale, pienamente collegata alla rete ciclabile regionale e cantonale e al sistema ferroviario e viabilistico. Il progetto interessa la Provincia di Varese come soggetto capofila e una rete di partenariato transfrontaliero composta dai Comuni di Varese, Malnate, Valmorea, Commissione Regionale dei Trasporti del Mendrisiotto, Repubblica e Cantone Ticino, Ente Regionale per lo Sviluppo del Mendrisiotto. Progetto che mira ad incoraggiare una mobilità più sostenibile ed integrata per tutti, anche per city users o pendolari, grazie a collegamenti interzonali che mettano in rete bici e treno, magari in alternativa alle automobili e alle lunghe code alla mattina dei lavoratori frontalieri.


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SPORT

CAMPIONI CON LE ALI

ai piedi Andrea Della Bella

In provincia di Varese, il pattinaggio a rotelle vanta numerose medaglie sui podi nazionali e internazionali. Successi spesso costruiti sulle piste della Cardano Skating e grazie all’esperienza di un allenatore in particolare: Maurizio Alessi che nel suo curriculum conta ben 14 titoli mondiali ottenuti dai suoi atleti. È anche a questi risultati che si deve la crescita sul territorio degli appassionati della velocità sui pattini

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abio Francolini, i fratelli Alberto e Marco Putignano, Adelia Marra, Gaetano Alario e le sorelle Francesca e Giulia Lollobrigida in comune hanno una ricca bacheca di trofei, almeno una medaglia da Campione europeo e la persona che li ha fatti diventare campioni di livello internazionale: Maurizio Alessi. E tutti partono da Cardano al Campo. Anzi dalla Cardano Skating,

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società in cui allena Alessi, ma soprattutto realtà che forgia campioni sui pattini a rotelle, ma anche con le lame ai piedi. Già perché la società, pur potendo contare su un impianto per le rotelle, non può fare altrettanto sul ghiaccio. Eppure è tra le prime a livello nazionale per


ha contribuito a costruire, ma racconta di quel millesimo di secondo fatale che è costato la vittoria di un suo atleta durante un recente Campionato del Mondo. Non vincere per una frazione di tempo tanto piccola, che si fa fatica solo ad immaginare, deve essere tremendo: “Un momento doloroso per lui, ma anche per me. Eppure, è proprio in questi momenti che si diventa grandi”, ammette Alessi. Grandi che ora guardano un po’ più da lontano. “Dopo 38 anni a livello mondiale – aggiunge – ho deciso di dedicarmi ai piccoli pattinatori. Una scelta condivisa con la società. E il motivo è semplice. Anche i campioni, per continuare a rimanere sulla cresta dell’onda, hanno bisogno di un cambio anche a livello tecnico. E siccome a Cardano abbiamo allenatori validi è venuto il momento che siano loro a prendere in mano il futuro. Io li seguo, ma devo dire che i più piccoli mi regalano enormi emozioni”.

Varese è culla del pattinaggio a rotelle

risultati conquistati anche con le lame. Insomma, la Cardano Skating sa come mettere le ali ai piedi a chi indossa i colori della società. È la velocità a farla da padrona: con le rotelle nel pattinaggio corsa e con le lame in pista lunga. Nel cosmo del pattinaggio “veloce”, Maurizio Alessi è senza dubbio l’allenatore che ha plasmato il maggior numero di campioni: nazionali, europei, mondiali. E che può contare, grazie ai successi dei suoi atleti, 14 titoli mondiali, 120 titoli europei e oltre 200 successi nazionali. Oltre alle classifiche di società. Eppure, la prima cosa che dice davanti a questo palmares è: “I numeri non sono niente se, dopo ogni vittoria, non hai la voglia di ripartire per costruire un altro successo e migliorarti”. Una lunga esperienza che gli permette di capire al volo chi, tra i suoi atleti, ha la stoffa per vincere. “Ma – spiega – non bisogna avere fretta. I ragazzi che vengono a pattinare a Cardano fino a 16 anni si devono divertire nel fare questo sport. Dopo diventa una scelta. Ed è nel momento in cui si fa questo passaggio che si vede chi ha le carte per diventare un campione”. La differenza la fa la “testa”, ma soprattutto la voglia di capire: “Il campione – racconta Alessi – è l’atleta che non accetta i consigli dell’allenatore a scatola chiusa. Prima vuole capire e solo a quel punto dà tutto. Ed è proprio questo atteggiamento che allinea la crescita fisica a quella mentale di un pattinatore, che tempra la volontà di arrivare, anzi di arrivare prima degli altri. Di vincere”. Alessi sa che senza il fisico non si va molto lontano. Ma sa anche che un atleta fisicamente dotato, senza la giusta mentalità, difficilmente diventa un campione. E sa che si può imparare più da una sconfitta che da una vittoria. Tanto che quando gli si chiede qual è l’emozione più forte che ha provato nella sua carriera di tecnico, Alessi non pesca tra la miriade di successi che

“Questo è uno sport che ti regala la sensazione di volare”. Enrico Salomi, ex Dirigente di società, già Presidente provinciale della Federazione e attualmente componente della Commissione nazionale dell’Artistico, utilizza la frase di un atleta per spiegare il segreto del pattinaggio a rotelle. Sport che ha nella provincia di Varese una delle sue culle nazionali. “È vero – interviene Salomi – abbiamo una quindicina di realtà con tre società di grande livello e una, la Cardano Skating, che rappresenta un fiore all’occhiello nelle sue specialità. Il pattinaggio a rotelle qui può anche contare su allenatori capaci e preparati. Diciamo che mancano solo i grandi successi per coronare l’enorme lavoro del movimento provinciale”. I punti di riferimento in provincia di Varese sono rappresentati dall’International Skating e dall’Accademia Bustese, dalla Rotellistica Gallaratese e dalla Cardano Skating. Artistico, free style e pattinaggio corsa le specialità “di questo sport che dà l’opportunità a chi lo pratica di esprimere se stesso e valorizzare il proprio talento. L’artistico esalta la creatività ad esempio. E non è vero che si tratta di una disciplina prettamente femminile”. Quel che serve per far spiccare davvero il volo ad atleti e società, probabilmente, sono le infrastrutture. “Vero – precisa Salomi – se escludiamo le piste di Busto e Gallarate e il pattinodromo di Cardano, tutte le altre società svolgono l’attività in strutture adattate o palestre. Eppure, il pattinaggio a rotelle riesce a esercitare un fascino intramontabile, tanto che i numeri degli atleti in questi ultimi anni sono in crescita”.

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I TRE NUOVI SUV DI MASERATI

Si chiama Grecale ed è la nuova gamma di Suv della casa del Tridente. Un cambio a otto marce, trazione Q4, un motore tradizionale o ibrido e, a scelta, 300, 330 o 530 cavalli. GT, Modena e Trofeo. Questi i modelli disponibili uniti dallo stesso spirito cosmopolita, in attesa della prossima variante: Grecale Folgore, destinato a essere il primo Suv di Maserati 100% elettrico

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una gamma nella gamma quella che Grecale porta in casa Maserati con tre tipologie di Suv. GT, Modena e Trofeo: queste le versioni disponibili. Ad accomunarle lo spirito cosmopolita, l’eleganza e il comfort di guida e soprattutto un cambio a otto marce con trazione integrale Q4 Grecale GT, con il suo 4 cilindri da 300 CV parla di suggestioni urbane, fatte di un minimalismo contemporaneo, per i cittadini del mondo, dinamici e curiosi, attenti alle tendenze, ma anche alla ricerca di uno stile che si fa personale. La variante Modena, invece, equipaggiata da un 4 cilindri da 330 CV, possiede un’eleganza innata, senza tempo e sprigiona lo charme di chi ama vivere a contatto con la natura. E poi Grecale Trofeo: adrenalina allo stato puro con un potente V6 da 530 CV. I Suv Grecale, nelle versioni GT e Modena, sono in grado di raggiungere un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 5,6/5,3 secondi ed una velocità massima di 240 km/h, mentre Grecale Trofeo può toccare i 285 km/h e coprire lo scatto da 0 a 100 km/h in 3,8 secondi. Tre versioni che raccontano aspetti diversi della stessa anima, disponibili con motore a combustione tradizionale o ibrido, mentre all’orizzonte si affaccia il fullelectric Grecale Folgore, destinato ad essere il primo Suv 100% elettrico nella storia di Maserati. Il design abbraccia il nuovo segno grafico del Tridente che,

a partire dalla sportiva MC20, definisce tutti i nuovi modelli. Ad un primo sguardo fa da padrone il frontale caratterizzato da una calandra bassa e da una griglia imponente, mentre il body è una sintesi tra purezza e tecnica, dalle forme fluide, sinuose e plastiche. All’interno tutto diventa touch e comanda la tecnologia; a partire dai tre display: uno schermo centrale da 12,3’’, il più grande mai montato su una Maserati, un altro per i comandi accessori da 8,8’’ e un terzo nella fila posteriore per i passeggeri. Persino il tradizionale orologio Maserati per la prima volta diventa digitale e si trasforma in una sorta di maggiordomo,

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tramite i comandi vocali. A bordo è tutta un’esperienza: la guida è accompagnata dal sistema Multimediale MIA (Maserati Intelligent Assistant), dall’infotainment di ultima generazione e da Maserati Connect, mentre il suono in vettura è portato ai massimi livelli di piacevolezza grazie ad una sound experience data dal tipico ruggito del motore Maserati e dall’immersivo 3D sound system grazie al sistema Sonus Faber. A coronare l’esperienza di guida, le cinque modalità configurabili: Comfort, GT, Sport, Corsa (solo su Trofeo) e Off-Road, che consentono di passare dal mood più fruibile e di massimo comfort, alle emozioni più forti di reattività e potenza.


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IL RUOLO DEL FOTOVOLTAICO PER LE AZIENDE DURANTE LA CRISI ENERGETICA Nei soli primi tre mesi del 2022 i dati di Elmec Solar indicano un incremento della domanda di installazione di un impianto fotovoltaico pari al 239% in più rispetto all’anno precedente. Una tendenza confermata anche dalle rilevazioni effettuate dagli enti indipendenti circa il trend riferito agli altri paesi Europei che hanno visto nel 2021 l’anno del boom per le energie rinnovabili. In Europa si stima che entro il 2026 il solo fotovoltaico potrebbe costituire quasi la metà della potenza energetica globale. Il 2021 si è confermato inoltre come l’anno del boom delle energie rinnovabili. (dati lea Agenzia internazionale per l’energia)

Si parla di un paio di giorni di lavoro per un impianto residenziale a qualche settimana per impianti industriali di grandi dimensioni”, afferma Alessandro Villa, Amministratore Delegato di Elmec Solar e Membro del Consiglio di Italia Solare.

Anche Elmec Solar in questi primi mesi del 2021 ha visto crescere la domanda di impianti fotovoltaici industriali del 239% in più rispetto ai tre mesi dell’anno precedente.

“Bisogna cambiare la concezione alla base dell’approvvigionamento energetico; dobbiamo slegarci dalle fonti fossili che sono finite, che non sono sostenibili. Le rinnovabili creano nuove opportunità di ricerca, di lavoro (la stima dell’European Trade Union Institute sull’impatto della transizione alle fonti di energia rinnovabile sull’economia vede la domanda di lavoro nel settore aumentare nell’ UE di 5 milioni di nuovi lavoratori entro il 2050), di costruzione di nuove iniziative produttive in Europa per renderci strategicamente più indipendenti; di rivoluzionare il concetto di città, di mobilità: tutto quello che serve per un nuovo rinascimento”, conclude Alessandro Villa.

Alla base di questo boom ci sono i vantaggi legati all’implementazione di questa tecnologia: • I risparmi immediati sulle bollette; • L’ammortamento dei costi in 4-6 anni; • La produzione di energia pulita garantita per 40 anni praticamente gratuita dopo aver ammortizzato il costo iniziale. La crisi energetica, nata sul finire del 2021 e acuitasi all’inizio del 2022, non è potuta che peggiorare con l’inizio del conflitto in Ucraina. Purtroppo la risposta emergenziale è spesso orientata ad affidarsi a combustibili fossili che, prima o poi, andranno ad esaurirsi, oltre a perpetrare l’immissione di Co2 nell’ambiente. Per questo motivo, urge più che mai un cambio di paradigma basato su forme di approvvigionamento sostenibile che vantino l’utilizzo di una fonte energetica certa e inesauribile, primo tra tutti il sole. Si tratta di un cambiamento anzitutto culturale e, per generarlo, occorre sfatare una serie di miti che resistono nell’opinione pubblica.

Alla base della poca attenzione al tema delle rinnovabili c’è ancora un difetto culturale: l’anno scorso la crescita di installato (delle energie rinnovabili) in Italia è stata di soli 936,38 MW. Ogni anno dovrebbe essere di circa 8000 MW. Serve costruire una cultura comune, perché ancora oggi molti imprenditori non sono a conoscenza di benefici e vantaggi che si celano dietro all’installazione di un impianto fotovoltaico.

“Il fotovoltaico è uno strumento per produrre energia pulita ad un costo veramente marginale. È inoltre di rapidissima implementazione. Al contrario di altri sistemi infatti, un impianto fotovoltaico è già operativo a pochi giorni di distanza dall’installazione. INFORMAZIONE PUBBLICITARIA INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

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CULTURA E DIGITALE

TERZA PAGINA

Quell’essere fantastico chiamato Mamma IN LIBRERIA

Un’Europa da Fiaba COMUNICARE

Socrate e la disinformazione di guerra


CULTURA E DIGITALE

Terza pagina

Lisa Aramini Frei

QUELL’ESSERE FANTASTICO

chiamato Mamma Dentro l’ultimo libro di Luigi Ballerini “Il segreto delle mamme”, alla scoperta dei trucchi e dei misteri che stanno dietro la serenità di queste donne che magicamente e con semplicità riescono a fare tutto (o quasi)

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mpiegata. Casalinga. Libera professionista. Più sportiva, meno sportiva. Ottima in cucina oppure una frana totale. Di mamme, così come i supereroi dei fumetti, ce ne sono di tutti i tipi e ognuna di loro con un “super potere” diverso. Agli occhi dei bambini, la propria madre è una figura simile ad una divinità che sa sempre dove sono le cose; è brava in tutte le materie

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di scuola; sa le migliori barzellette oppure fa il pollo arrosto migliore del mondo. Insomma, una Wonder Woman a tutti gli effetti. Eppure, liberatosi dal velo di Maya, ci si rende conto che quella figura idealizzata dai bambini, dalla famiglia e da preconcetti obsoleti che ancora esistono, nient’altro è che una donna a sé con le sue forze e le sue debolezze. Di questo parla lo scrittore

e orientatore per i giovani, Luigi Ballerini, nel suo ultimo libro: “Il segreto delle mamme”. Pagine che raccontano ai bambini e ai genitori qual è il mistero che si racchiude dentro ogni madre. Classe 1963, Ballerini è giornalista milanese, che nel corso degli anni ha trattato in maniera vasta e creativa diverse tematiche educative e sociali, collaborando con scuole, insegnanti e ragazzi.

Solida è la partnership con la nostra illustratrice Paola Formica (alla cui opera si deve anche la copertina di questo numero di Varesefocus), che, oltre ad aver lavorato sui disegni dell’ultimo libro di Ballerini, già nel 2019 ha contribuito a realizzare l’iconografia che ha accompagnato “I segreti dei papà”, racconto precursore all’attuale in cui si cercano di svelare i misteri dell’altra metà di mondo della genitorialità. “Il vero segreto delle mamme – spiega Ballerini – è che anche loro un tempo, prima di essere genitrici, sono state bambine e figlie a loro volta. I bambini però non riescono a percepire questa caratteristica perché, nel momento in cui sono nati, è nata reciprocamente anche quella figura che riconoscono solo come loro madre”. Questo segreto di Pulcinella serve tanto ai bambini quanto alle mamme, che spesso dopo anni ad accudire la famiglia o a lavorare incessantemente, si dimenticano di essere donne prima che genitori: “La nascita di un figlio è


Luigi Ballerini: “Il vero segreto delle mamme? È che anche loro un tempo, prima di essere genitrici, sono state bambine e figlie a loro volta”

uno degli avvenimenti che cambiano la vita in maniera permanente, ma questo succede all’interno di una vita che già esiste e che non deve essere messa da parte”. Il libro aiuta a ripercorrere i passi nella realtà femminile, ricordando di essere una sposa o una compagna, un’amica o una sorella e sì, anche madre, ma non solo quello. Questo perché, spiega Ballerini, “i figli non annullano l’esistenza precedente, ma aggiungono un pezzo in più nella vita di coppia, in quella familiare e anche in quella professionale. La conciliazione della parte domestica con la parte lavorativa può diventare sì, più articolata con la

presenza di un figlio, ma non necessariamente più difficile”. Bisogna capire e intuire quindi quale sia il modo migliore per conciliare il nuovo arrivo con scorci di vita presenti già da prima. E qui può venire incontro il mondo del lavoro. “I fatti di cronaca dove aziende assumono donne in stato interessante non devono far notizia, perché questo gesto dovrebbe essere la pura normalità e non l’eccezione. La presenza di incentivi e facilitazioni per i genitori potrebbero aiutare a sostenere le coppie che vogliono avere figli. Non è certo questa la soluzione, ma partendo da un sostegno nel lavoro si potrebbe abbattere una delle tante barriere che impediscono ai giovani di costruirsi una famiglia”.

Nel libro, l’autore racconta come una conciliazione tra le due vite (quella lavorativa e quella familiare) non sia assolutamente da pensare come un’impresa impossibile nonostante la presenza di un figlio. Ciò avviene con una collaborazione da parte di entrambe le figure dei genitori, nel rispetto di ciò che viene deciso all’interno della coppia. “Sebbene le relazioni mamma-bambino e mamma-famiglia abbiano bisogno dei propri tempi, è importante non adattarsi a quei modelli imposti dalla società che spesso generano insoddisfazione e frustrazione nella donna e, di conseguenza, nell’ambiente domestico”. Dal libro emerge quanto sia fondamentale il confronto tra i genitori, questo perché può aiutarli a capire quale

possa essere il modo migliore per lavorare e gestire una famiglia in maniera condivisa: “Un bambino sta bene quando i genitori sono sereni, realizzati e soddisfatti. È il mio consiglio per le mamme: di non sentirsi in colpa o in debito se continuano a lavorare. La mamma che è contenuta di dedicarsi alla casa e alla propria famiglia e lo fa con gusto e soddisfazione, fa altrettanto bene di una madre che decide di continuare ad investire sul lavoro che magari si è costruita nel tempo. Perché non esiste solo un tipo di madre”. Nel libro vengono rappresentati i diversi tipi di mamma che tutti hanno avuto modo di incontrare nella propria vita e che differiscono per diverse caratteristiche come: l’aspetto, il comportamento, lo stile nel vestire e molto altro. Il racconto fa così capire quanti modi diversi esistano per essere mamma e quante esistenze diverse si possano conciliare nella vita familiare, senza che nessuna prevarichi sull’altra, aiutando i bambini a capire meglio le mamme e le madri a capire meglio loro stesse. Conclude Ballerini: “Dietro ogni famiglia serena c’è una mamma soddisfatta, un papà tranquillo e un bambino felice che ama i propri genitori”. 91


CULTURA E DIGITALE

In libreria

Silvia Giovannini

Il genio gentile degli alberi

Non il solito negozio

Philip Bunting Nomos Editore, 2021

Paolo Ambrosetti Bookness, 2022

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se possiamo imparare anche solo una cosa dal genio gentile degli alberi, che sia questo… Cresci lentamente, cresci forte”. Continua la proposta dell’editore bustocco per avvicinare i giovani lettori al tema della sostenibilità. Ecco allora “una passeggiata spudoratamente antropomorfa attraverso i boschi, per imparare alcune lezioni di vita dai nostri amici frondosi”. L’autore costruisce una divertente foresta di informazioni e curiosità che esplora la genialità degli alberi: dalla fotosintesi alla simbiosi, dalle radici al legno delle cortecce. Philip Bunting è un autore e illustratore di libri per bambini, tradotti in molte lingue, pubblicati e premiati in tutto il mondo. nomosedizioni.it

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‘‘N Un’Europa da Fiaba Roberto Fassi Il Cavedio, 2021

C’

era una volta e forse c’è ancora. Un prezioso libello, con un obiettivo benefico, da un autore varesino noto, eppure un po’ pigro, per sua definizione, che riscopre dolcissime fiabe europee, popolari e d’autore, proposte in una riscrittura moderna. “A dimostrazione che, pur nelle

loro diversità, rappresentano un fattore di unità culturale nel Vecchio Continente”. Un messaggio che oggi ha un peso maggiore nella drammatica ricerca collettiva di un lieto fine. Con le illustrazioni “topose” di Renato Pegoraro e il contributo di Anmig Varese e Legnano, con uno sguardo alla storia e uno ai giovani. I ricavi sosterranno la ricerca contro la fibrosi cistica e progetti scolastici in favore della pace (intento attualissimo).

on si cerca un prodotto, si cerca una storia”. Una storia di impresa commerciale raccontata per accendere i riflettori non (o non solo) sulla specifica attività, ma sull’attitudine molto varesina di guardare sempre avanti. Dalla bottega del 1930 alla vendita multicanale e domani forse al metaverso, l’autore racconta quasi cent’anni di commercio e riconoscimenti, ma soprattutto un mondo che cambia e che cambierà. Sottolineando l’importanza di avere occhi e cuore sempre aperti per continuare a restare “sul pezzo”.

ilcavedio.org

bookness.it


Quell’unica convinzione mia che mi spinge al viaggio tra le fiabe è che io credo questo: le fiabe sono vere Italo Calvino

Il cardinale Branda Castiglioni legato pontificio e mecenate della cultura

Sciare in un mondo fragile Marco Emanuele Tosi Monte Rosa, 2021

Tino Foffano Edizioni di Storia e Letteratura, 2020

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el 6° centenario dalla fondazione, che ha fatto segnare presenze record al Museo della Collegiata, anche un volume dedicato al cardinale Branda Castiglioni. Il libro contiene 12 contributi, pubblicati dallo studioso nell’arco di 50 anni, che tracciano un profilo biografico di Branda, i suoi rapporti con i Medici, le sue missioni diplomatiche in Europa. L’edizione del lavoro di Foffano è curata da due studiose davvero prestigiose: Mirella Ferrari e Angela Contessi.

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storiaeletteratura.it

archiviofotograficolombardo.it

Varese. Il bianco, il nero e il colore Claudio Argentiero, Roberto Bosio, Franco Pontiggia Archivio Fotografico Italiano, 2019 n progetto fotografico dedicato alla città: un libro e una mostra voluta

dall’AFI. “Cos’è una città se non un reticolo di vie e di pensieri, di piazze scosse dallo scalpiccio frettoloso del mattino e dalle auto in frenata, di marciapiedi nuovi o sbrecciati, di pareti mute o svegliate dalle voci e cullato dai ricordi? Varese è questo e qualcosa di più (...). È la città che non c’è più e quella che non c’è ancora. È lei. Sono loro. Siamo noi”. Un pezzo di noi, per dirla con le parole di Matteo Inzaghi.

uattro amici sul filo della crisi climatica. dalla Val Masino a Davos con gli sci: il nuovo libro della guida alpina Marco Tosi racconta e riflette sulla montagna e sulla necessità di un nuovo approccio alle terre alte, curva dopo curva. Un volume che si inserisce nelle celebrazioni per il centenario del CAI di Busto Arsizio e uno spunto di riflessione per un nuovo modo di guardare e amare la montagna. Ma anche per una nuova etica del turismo. Esiste un modo più consapevole di frequentare i luoghi selvaggi e ogni luogo in generale che vada aldilà della visita mordi e fuggi e i selfie a tutti i costi?

monterosaedizioni.it 93



Dal web LA SFIDA PER IL FUTURO È VERDE Advanced Air Mobility, una sfida per il futuro

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ell’industria aerospaziale lombarda c’è la disponibilità di tutta la tecnologia e le competenze per dar vita a nuovi sistemi in grado, grazie al volo verticale, di decongestionare le arterie stradali attraverso una mobilità più sostenibile con l’uso di elicotteri, convertiplani, droni e mezzi Unmanned. L’impegno è massimo”. Così Angelo Vallerani, Presidente del Lombardia Aerospace Cluster, alla Fiera A&T, Automation & Testing di Torino.

Le ultime notizie sulle #ImpresediVarese dal web e dai social network. Solo su

La sostenibilità di Carlsberg in un podcast

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arlsberg Italia, presente sul territorio varesino con lo storico Birrificio Poretti di Induno Olona, diventa caso di studio internazionale in tema di sostenibilità. Le buone pratiche introdotte sono diventate un case study alla Scuola superiore Sant’Anna di Pisa. La storia in una puntata del podcast di Varesefocus “Buongiorno Impresa”.

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CULTURA E DIGITALE

Comunicare Socrate E LA DISINFORMAZIONE DI GUERRA

Dall’algoritmo di Tik Tok alle borse di Chanel boicottate dalle influencer russe: una riflessione sulla comunicazione ai tempi della guerra in Ucraina

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e state leggendo quest’articolo, qualcosa vi avrà attratto o incuriosito, ma più probabilmente l’autorevolezza di questa testata e del suo editore inconsciamente avrà garantito nella vostra testa che, quello che leggerete, bello o brutto, ben scritto o meno, in linea o per niente con le vostre corde, sia vero o almeno verificato. Senza nemmeno leggerlo. Questa premessa, che vi aiuta come lettori a stare in una zona di comfort è – grazie al cielo! – verosimile, ma non è vera a priori. Il moltiplicarsi delle informazioni e delle fonti, ma soprattutto, delle forme in

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cui l’informazione ci arriva, senza che la cerchiamo, ha reso molti consapevoli del rischio che non tutto quello che leggiamo o ascoltiamo sia vero. È la consapevolezza dell’utente (e del cliente) accorto, che, se non sempre gli dà gli strumenti per stabilire quali contenuti siano fake e quali no, almeno lo mette in allerta e lo rende più vivace nella sua selezione. Tuttavia, c’è un altro dato di fatto che, invece, spesso ci sfugge anche se siamo utenti consapevoli: ciascuno di noi si è nel tempo costruito una bolla che, dalla carta stampata ai social, ci mette davanti solo una

fetta di realtà. Ricordate quando stavate comprando casa e vedevate ovunque annunci di appartamenti in vendita? No, non era il mood del momento, ma la vostra percezione. Questo vale quando selezioniamo liberamente le informazioni, figuriamoci quando l’informazione è targettizzata alla perfezione. Che poi, tutto sommato, carta di credito a parte, non sembra così grave se un brand di moda ci spinge a credere che non si possa fare a meno di un blazer verde mela questa primavera. Ma immaginate temi infinitamente più importanti. Sì, pensate alla guerra. Un’indagine di NewsGuard riportata da Ansa (due fonti attendibili, ma il dubbio deve venire) ha permesso di scoprire che, aprendo un nuovo profilo su Tik Tok, l’algoritmo indirizza i nuovi utenti verso contenuti falsi o fuorvianti sulla guerra in Ucraina, entro 40 minuti dall’iscrizione.

Silvia Giovannini

“Secondo Newsguard – ha scritto il team di ricerca – tra le false affermazioni mostrate ai ricercatori, la notizia che gli Usa hanno laboratori di armi biologiche in Ucraina”. Non è spaventoso che l’utente medio di Tik Tok – un profilo per la maggior parte tra i 16 e i 24 anni che difficilmente cercherà altrove dei riscontri e, sicuramente, non sulla carta stampata – debba restare in questa bolla? Gli ultimi mesi ci mettono davanti ad una situazione tragica anche dal punto di vista informativo: non sappiamo tutto quello che sta succedendo per la sua complessità, per l’oscurantismo, per le false campagne mediatiche, per l’impossibilità fisica di una parte dei produttori di informazione di svolgere il proprio lavoro in sicurezza. Siamo prede della disinformazione, che si tratti di borse Chanel tagliuzzate via reel da influencer russe in segno di protesta contro l’adesione del brand alle sanzioni economiche europee o di questioni decisamente più delicate. Non si può essere certi di nulla, quindi? Probabilmente, ma il punto non è questo. Il punto è esserne consapevoli: ammettere socraticamente di sapere di non sapere. Un paradosso enorme nell’era della tuttologia, ma merita una riflessione.




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